Ue, Meloni fa pesare i voti Tajani: guardiamo a destra

Macron ha fretta, Roma cerca intese vantaggiose. Prove di accordi tra Ppe ed Ecr su Von der Leyen

Ue, Meloni fa pesare i voti Tajani: guardiamo a destra
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Si apre oggi una settimana molto importante per definire nomi ed equilibri delle istituzioni che decideranno le sorti dell'Ue.

Dopo la fumata nera sulle nomine del presidente della Commissione Ue, del presidente del Consiglio europeo e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri nella cena informale della scorsa settimana tra i leader che, anche grazie allo stop dell'Italia («No ad accordi pre-confezionati» ha spiegato Giorgia Meloni), si è conclusa con un nulla di fatto, tutto è rimandato al Consiglio europeo di giovedì e venerdì. In vista dell'appuntamento cresce il pressing di Macron e Scholz (entrambi usciti sconfitti dalle elezioni) per chiudere sui nomi proposti dal Consiglio europeo da sottoporre poi al voto dell'Europarlamento. È evidente la volontà, soprattutto di Macron, di trovare un accordo prima delle elezioni francesi (30 giugno il primo turno e 7 luglio il ballottaggio) poiché una possibile vittoria di Marine Le Pen avrebbe effetti anche a livello europeo. È evidente che Meloni non ha la stessa fretta e, prima di prendere qualsiasi decisione sulle nomine, deve trovare un accordo vantaggioso per l'Italia che potrebbe coincidere con la vicepresidenza della commissione e un commissario di peso. Al momento Ursula von der Leyen (nella foto) è ancora la candidata favorita alla presidenza ma la strada è tutt'altro che semplice.

Mercoledì intanto sono previste le comunicazioni della premier in Parlamento proprio in vista del Consiglio europeo e, oltre al risultato elettorale, c'è un ulteriore elemento che rafforza la posizione della Meloni. Se anche dal Consiglio di giovedì e venerdì dovessero uscire nomi condivisi, dovrebbero comunque passare dal voto (a scrutinio segreto) del parlamento Ue. Qui la maggioranza tra socialisti, popolari e liberali è risicata e, considerando un 10/15% di franchi tiratori, il rischio di affossare un candidato uscito dal Consiglio europeo è tutt'altro che remoto. Ciò significherebbe dover ricominciare le trattative da capo con tutti i rischi che questo comporta. Onde evitare che ciò avvenga, il Ppe ha due strade: o includere i Verdi nella maggioranza o dialogare con i conservatori dell'Ecr presieduti da Giorgia Meloni. Questa ipotesi prende corpo anche alla luce della crescita del gruppo dell'Ecr che, con 83 seggi, è diventato il terzo gruppo, e del calo di Renew a 74 europarlamentari. I Verdi, consapevoli della situazione, hanno chiesto di entrare nella maggioranza ma non mancano le resistenze, soprattutto dentro il Ppe, a causa della contrarietà alle politiche green ideologiche di cui i Verdi sono portavoce. Un loro ingresso nella maggioranza vorrebbe dire spostare il baricentro verso sinistra ignorando il dato politico emerso dalle elezioni. Un «no» arriva dal vicepremier Antonio Tajani (Ppe) che in un'intervista alla Stampa dà ragione alla Meloni: «Le elezioni hanno parlato chiaro. Sull'ambiente serve una terza via. Non ci si può alleare coi Verdi».

In questo contesto non sono escluse nuove adesioni all'Ecr in vista della riunione prevista mercoledì a Bruxelles mentre continua a tenere banco la questione Orbán. Dopo l'ingresso dei nazionalisti rumeni di Aur nell'Ecr, sembra essersi allontanata l'adesione di Fidesz e non è esclusa la nascita di un nuovo gruppo insieme ai cechi di Ods e al partito del premier slovacco Fico. Proprio oggi Giorgia Meloni incontrerà Viktor Orbán a Roma, ma inevitabilmente sarà anche un'occasione per parlare della collocazione europea degli ungheresi. Il principale ostacolo a un ingresso di Fidesz nell'Ecr è dovuto alla diversa posizione di Orbán sulla guerra in Ucraina rispetto ai partiti che compongono l'Ecr.

Sempre oggi intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani sarà in

Lussemburgo per partecipare al Consiglio Affari Esteri dell'Unione europea. La riunione, che sarà presieduta dall'Alto Rappresentante Josep Borrell, si aprirà con una sessione di lavoro dedicata all'aggressione russa all'Ucraina.

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