«Il Berro ormai è un morto che cammina: ha ucciso il nipote di un capobastone di una famiglia dell'ndrangheta! La Curva, dovete scriverlo, in questa storia, però, non c'entra niente. Adesso servirà un nuovo capo per la Nord...In pole c'è Marco Ferdico, amico fraterno di Totò...Oggi su Instagram ha pubblicato solo pensieri bellissimi sulla loro amicizia».
Quelli della Curva Nord dell'Inter sono cauti nei giudizi, ma anche lapidari nelle sentenze quando parlano il giorno dopo l'omicidio di Antonio Bellocco, detto «Totò 'u Nanu», 36enne rampollo dell'omonima famiglia di 'ndrangheta e già condannato a 9 anni di reclusione per associazione mafiosa.
Bellocco, che si era trasferito nel Milanese, a Pioltello, dopo aver scontato la pena (anche se si trovava ancora in regime di libertà vigilata) è stato ucciso con una decina di coltellate mercoledì mattina nella sua Smart parcheggiata accanto alla palestra «Testudo» di Cernusco sul Naviglio. In auto con lui il suo assassino, Andrea Beretta, detto «Berro», 49 anni, ultrà e ormai capo storico della Curva nerazzurra. Beretta - pluridaspato, già sottoposto alla sorveglianza speciale e con divieto di entrare o dimorare a Milano per la sua «grave pericolosità sociale» - da ieri è in carcere a Opera dove è stato trasferito dopo una notte trascorsa al San Raffaele. Proprio dal suo letto di ospedale, dopo un'operazione all'anca dove era stato colpito dal proiettile - sparatogli, a suo dire, dal rivale - mercoledì sera ha fornito ai pm Paolo Storari e Sara Ombra la sua versione dei fatti, sostenendo di aver ucciso «solo» per difendersi. Una versione che però, traballa sempre più con il passare delle ore.
Il Berro e Totò, uniti non solo dalla passione per l'Inter ma anche dagli affari legati al merchandising della curva, mercoledì mattina avrebbero avuto un appuntamento alla palestra di Cernusco per un'iniziativa di solidarietà. Un confronto cordiale, ma pare solo all'apparenza. Secondo quanto ha pubblicato ieri l'agenzia Ansa, infatti, sembra che Bellocco negli ultimi tempi pretendesse da Beretta la divisione degli utili del negozio che il capo ultrà gestisce a Pioltello e che vende materiale della curva dell'Inter». Sta di fatto che quando i due salgono sulla Smart del calabrese in una manciata di attimi i toni trascendono. Sempre secondo Beretta, Bellocco a quel punto avrebbe minacciato i suoi familiari e lui avrebbe reagito mostrando la pistola. Un'arma che il «Berro» sostiene di essersi portato dietro da 4 o 5 giorni, cioè da quando aveva saputo di essere nel mirino della vittima. La pistola sarebbe stata mostrata da Beretta a Bellocco solo per dimostrare di non aver paura, ma alla vista dell'arma Totò avrebbe disarmato il rivale, facendolo finire fuori dall'auto. Mentre il 36enne spara contro Beretta ferendolo a un'anca («avrebbe continuato a sparare, ma è caduto il caricatore») il capo ultrà estrae un coltello e lo colpisce anche alla gola, una decina di volte. Tuttavia altre indiscrezioni uscite ieri sempre da Palazzo di giustizia non escludono che Beretta abbia potuto spararsi da solo all'anca per simulare un'aggressione da parte del rivale che in realtà non c'è mai stata. Inoltre la testimonianza di un uomo che mercoledì si trovava nei pressi della palestra «Testudo» e che è stato sentito dai carabinieri fa ipotizzare che Beretta, una volta salito sulla macchina di Bellocco, abbia o sparato due volte per poi, una volta caduto il caricatore, usare il coltello per assassinare l'erede della potente 'ndrina calabrese, oppure abbia accoltellato l'avversario, quindi abbia esploso i due colpi anche per simulare un'aggressione subita. Poiché però al momento nell'abitacolo della Smart è stato trovato un solo proiettile, il nodo del secondo colpo sarà sciolto dall'autopsia sul cadavere di Bellocco, in programma per la prossima settimana.
«Non si può escludere - scrivono inoltre in un passaggio i pm nel decreto di fermo del capo ultrà - che delle
persone, che si sono immediatamente avvicinate alla macchina in cui c'era il corpo senza vita di Bellocco, possano aver agevolato Beretta nel tentativo di eludere le indagini alterando o modificando la scena del delitto».
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