Mia figlia Agnese, di anni venti, per Natale ha chiesto un assortimento di lane e di uncinetti. La sua nuova passione. Quando ho reagito sbigottito, mi ha guardato come a dire: «Ma in che mondo vivi?».
Io vivo nel mondo di noi «boomer», che amano coltivare le proprie nostalgie pensando che un tempo - negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, qualcuno si spinge fino ai Novanta - fosse tutto migliore (la televisione, il calcio, il cinema, le pubblicità, perfino la politica ingessata della Prima Repubblica). Ma è pensiero astratto, nessuno si sognerebbe di tornare a quell'epoca, soprattutto con le pance e i malvezzi dell'oggi. Per questo ci sorprendiamo quando i nostri figli, che hanno molti meno schemi mentali di noi, ripescano dal cassonetto in cui li abbiamo rottamati alcune attività della nostra giovinezza che nemmeno noi penseremmo di spolverare: l'uncinetto, la schedina, il biliardo, la cartolina, la Settimana Enigmistica. Secondo mia figlia perfino il bingo sarebbe da considerare un revival, ma quando le faccio notare che è comunque arrivato in Italia venti anni fa lei mi guarda ancora come a dire: «Beh, vent'anni sono comunque tutta la nostra vita».
Ma a che cosa è dovuto questo prequel esistenziale? È allarmante o deve farci piacere? Rispondiamo prima alla seconda questione: ebbene non montiamoci la testa. Facendo quello che noi facevamo e non facciamo più i nostri ragazzi secondo me ci prendono blandamente in giro, comunicandoci più o meno questo: «Voi vecchi in fondo avete fatto anche cose buone, ma non siete in grado di capire nemmeno quelle. E ci dobbiamo pensare noi».
E veniamo alle spiegazione di questo nostalgismo per interposta generazione. Certamente ha a che fare con il fascino delle cose vintage. Ripescare i nostri passatempi è per i ventenni come andare nei negozi di abbigliamento di seconda mano. Loro amano indossare cose stazzonate mischiandole a quelle di Zara e H&M, in un continuo mix and match là estetico, qui generazionale.
E poi tendiamo sempre a sottovalutare il fascino dell'analogico in un mondo estremamente digitale.Ma la riscoperta del passato ci insegna anche la resilienza di certe «buone cose di pessimo gusto» (la citazione è da Gozzano). Nell'epoca dell'usa e getta, del consumismo, ci sembra proprio una buona notizia.
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