Chi parla di mancanza di coperture e di un'opera irrealizzabile parla con «superficialità». Il Ponte sullo Stretto è un'infrastruttura che «porterà l'Italia al passo con tutti i Paesi industrializzati», il fatto che nel Def non siano indicate le coperture finanziarie «è perché non è quella la sede per definirle», spiega il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi.
Nel Def però si mette nero su bianco un costo di 13,5 miliardi per realizzare il Ponte sullo Stretto. Una cifra superiore rispetto a quella dell'ultimo progetto. Perché?
«Sul capitolo Ponte abbiamo inserito una serie di opere complementari che servono per collegarlo e gestirlo con le infrastrutture siciliane e calabresi. Opere che da sole valgono 1,1 miliardi, riportate nell'Allegato infrastrutture al Def, con gli interventi di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie esistenti o che saranno realizzate. L'aumento della cifra nel Def si spiega con l'aumento dei costi delle materie prime, ma che già stanno scendendo. I costi reali saranno anche più bassi. Ma quelli messi in preventivo tengono conto di tutti gli aspetti. Aspetti e costi di cui, per esempio, non si era tenuto conto nei progetti del Pnrr pensati prima dell'incremento. Rispetto al costo medio della materia prima c'è un margine del 30 per cento».
Sulle coperture finanziarie? È scoppiata la polemica perché non sono state indicate.
«Non è nel Def che si devono trovare le coperture. È un l documento di programmazione economico finanziaria che definisce gli strumenti e i principi che verranno poi attuati con la legge di bilancio a fine anno. E poi siamo in una fase in cui non è ancora stato convertito in parlamento il decreto Ponte, che contiene anche le norme sulla società che si occuperà della realizzazione. L'opera e il costo sono stati inseriti nel Def perché sono previsti nella programmazione economica di questo governo, quando ci sarà la conversione in legge del decreto saranno definite poi tutte le coperture».
Il decreto prevede di ripartire dall'ultimo progetto definitivo. Gli aggiornamenti necessari non vi spaventano?
«L'unico modo è partire dal progetto esistente, oltre al fatto che c'è già stata una gara internazionale ma poi tutto si è bloccato generando anche contenzioso. Ora che l'opera torna d'attualità chi ha vinto la gara ha tutto il diritto di proseguire, altrimenti andremmo incontro a nuovi e costosi contenziosi. Il progetto dovrà essere aggiornato ma pensiamo di arrivare in pochissimo tempo alla fase di cantierizzazione. Parliamo di un'opera che diventerebbe iconica a livello mondiale, ed è opportuno che siano aziende italiane a dimostrare la capacità di accettare le sfida di questa costruzione».
Ma le coperture finanziarie dove si troveranno?
«Le risorse ci sono, oltre a canalizzare quelle esistenti, si recupereranno dai fondi di coesione, l'opera poi si ripagherà anche con le tariffe. Ma è importante sapere che questa infrastruttura è fondamentale anche per gli investimenti dell'alta velocità in Sicilia e in Calabria. Oggi, nonostante i soldi stanziati, se dovessero essere realizzate le linee, la Sicilia non avrebbe carichi per garantire servizi a prezzi ragionevoli. Così invece si consentirà alla Sicilia un'alta velocità reale, così come per la Calabria dove rischiamo di costruire linee e di non poterci mettere i treni».
Come impatterà questo investimento sul debito? Venerdì Bankitalia ha segnalato il nuovo record.
«Non è un problema di fare nuovo debito, le risorse lo Stato le ha, ma vanno gestite in maniera intelligente. Confidiamo che i costi scenderanno come già stanno scendendo.
In questa fase credo la prudenza paghi, è un momento di trasformazione economia mondiale dopo la crisi in Ucraina non si sa cosa ci aspetterà nei prossimi anni. Un Def prudente ci permetterà di fare anche manovre più dinamiche più avanti».
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