L'apppello di Confindustria. Orsini rilancia il piano per far crescere il Pil

Orsini (Confindustria) incalza l'esecutivo dopo il ventiduesimo calo della produzione

L'apppello di Confindustria. Orsini rilancia il piano per far crescere il Pil
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«Abbiamo bisogno di far correre il nostro Paese, abbiamo bisogno che ovviamente le politiche industriali vengono messe al centro e anche per questo servirà un piano triennale di politica industriale: non possiamo pensare di correre dietro a ogni legge di Bilancio e quindi serve pianificare effettivamente quali sono le necessità per fare in modo che le nostre imprese possano crescere». Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, presentando a Milano il rinnovo dell'accordo tra Intesa Sanpaolo e la principale associazione imprenditoriale, ha ribadito ancora una volta che c'è bisogno di maggiore attenzione nei confronti del settore.

Ed è proprio su queste priorità che si concentra l'asse tra la prima banca italiana e Confindustria. Si tratta di un programma congiunto che mette a disposizione 200 miliardi di euro per il quadriennio 2025-2028 per dare nuovo slancio al sistema produttivo nazionale, cogliere le opportunità di strumenti come Transizione 5.0 e IA, integrando così le risorse già stanziate da Intesa per la realizzazione degli obiettivi del Pnrr. Anzi, di più. Questo è il «Pnrr di Intesa Sanpaolo per le imprese», ha chiosato il Ceo e consigliere delegato Carlo Messina, sottolineando che i 200 miliardi di euro accompagnano «il tessuto imprenditoriale del Paese nel realizzare obiettivi di crescita e competitività, investendo sul futuro e sulle sfide che ci attendono». D'altronde, la lunga collaborazione tra Intesa e Confindustria ha già portato all'erogazione di 450 miliardi di euro nel periodo 2009-2024.

Secondo Orsini, al centro deve esserci il tema dell'energia: «Non possiamo più aspettare», ha aggiunto confermando la propria approvazione per la decisione di tornare al nucleare con i microreattori di nuova generazione, «però oggi serve da subito fare in modo che l'energia possa costare meno al nostro Paese». La situazione è nota, ha evidenziato, perché «ancora oggi noi soffriamo un costo di energia che è quasi il doppio»rispetto a Francia, Germani e Spagna. Oltre alla politica energetica, i capisaldi di una nuova attenzione alle imprese dovrebbero essere la produttività e la logistica.

Per Messina, invece, la questione chiama in causa direttamente Bruxelles. «È indispensabile che ci sia una leadership in Europa che io oggi vedo pochissimo», ha rimarcato puntualizzando che «oggi chi appare con un governo stabile per definizione è l'Italia: c'è la possibilità per il nostro Paese di assumere una leadership anche europea». «Non solo - ha precisato - per via della possibilità di essere un ponte con gli Stati Uniti, ma anche per fare cose concrete». In Europa, ha proseguito, «dovrebbero pensare un po' di meno e fare un po' più di cose: l'Ue mette vincoli, fa regolamentazioni e alla fine si scarica a terra pochissimo». Per questo «è assolutamente necessario lo strumento degli eurobond». Il risparmio che «è un elemento che dovrebbe trovare un'allocazione nei luoghi che ci interessando di più: il risparmio italiano dovrebbe essere per prima cosa investito in Italia, il risparmio europeo in Europa». Allo stesso modo, in Italia occorre «una forte riflessione sull'aumento dei salari collegata alla produttività, perché con un aumento dei salari si rende possibile un aumento dei consumi».

Le osservazioni di Messina e di Orsini sono più che mai attuali. Ieri l'Istat ha certificato il 22simo mese consecutivo di calo della produzione industriale su base annua (a novembre -1,5% ma +0,3% sul mese). La nota sull'andamento dell'economia italiana vergata dall'istituto di statistica certifica il minimo storico della disoccupazione al 5,7%, ma queste notizie positive non chiudono la partita.

La consueta indagine di Bankitalia ha certificato un peggioramento del clima di fiducia con un saldo negativo di -19 punti per le condizioni di investimento, mentre la quota di imprese che hanno espresso valutazioni negative è salita al 30%. Orsini ha ragione: è il momento di intervenire.

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