Urne indigeste ai giovani e al Sud

Dall'astensionismo al "voto inutile": ecco la chiave di lettura dei risultati elettorali

Urne indigeste ai giovani e al Sud
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Chi l'ha detto che la matematica non è un'opinione? A urne chiuse l'algebra elettorale spacca la scheda in quattro, ognuno legge il numeretto che più le fa comodo. Di certo ci sono tre o quattro evidenze indiscutibili. Partiamo dall'astensionismo. Per la prima volta l'affluenza è stata di un'incollatura inferiore al 50%, mentre alle Amministrative l'affluenza è salita sopra il 60%. Un dato non più fisiologico ma sintomo di un malessere che non trova risposte. Urne europee respingenti per i giovani e chi vive al Sud, i fuori sede hanno votato quasi tutti a sinistra (soprattutto Avs e Pd),

Fratelli d'Italia sfiora il 29% ed è il primo partito quasi ovunque, primo nella fascia 34-55 e over55 secondo la rilevazione di Opinio Italia per Porta a Porta. Le roccaforti Pd sono concentrate tra i giovani 18-34 anni e in quattro Regioni: Toscana ed Emilia-Romagna in Centro (anche grazie all'exploit di Stefano Bonaccini con quasi 390mila preferenze), Campania e Puglia, Regioni non a caso governate dai vicerè anti Autonomia Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. La Sicilia riscopre i fasti dei 63 collegi a zero e diventa il granaio di Forza Italia.

Il confronto con le Politiche 2022 è fuorviante ma dà comunque dei riferimenti. La somma del centrodestra supera il 44% del voto che due anni fa ha premiato Giorgia Meloni (al netto dell'astensione). Fdi si mangia un po' di consensi degli alleati ma il centrodestra si dimostra più attrattivo come coalizione (tanto che Fi e Lega crescono, anche se di poco), a differenza di Pd e Avs che si sono divorati rosicchiati i centrini Azione e Stati Uniti d'Europa e una buona parte dei consensi del Movimento Cinque Stelle, partito sempre più del Sud ma non più egemone. Almeno un grillino su tre è rimasto a casa, segno che la spinta antipolitica che nel 2013 aveva decisamente smosso lo stagno astensionista si è ormai esaurita. Non a caso nel Mezzogiorno (dove ha votato il 43,73%) e nelle Isole (urne disertate da due elettori su tre) sono tornati i voti ai leader politici, un po' d'opinione un po' d'interesse, a cacicchi come il dem Antonio Decaro a Bari con 500mila voti o l'azzurro Edy Tamajo in Sicilia con 121mila.

All'alleanza Verdi e Sinistra basta mezzo milione per raddoppiare i voti in percentuale (dal 3,64% al 6,7%), per passare dal 19 al 24% al Pd ne bastano 300mila in più, più o meno quelli che perde la Lega (da 2,4 milioni a 2,1 milioni). A sparire o quasi è stata la variabile antimafia. Solo il grillino Giuseppe Antoci, minacciato dalla mafia dei Nebrodi, arriverà a Bruxelles. A meno di sorprese, resta a casa l'uscente Caterina Chinnici, nonostante 90mila voti.

Per la prima volta diventa «inutile» circa il 12% dei consensi. Azione e Italia Viva partivano da un tesoretto di 2,2 milioni di voti, si devono accontentare rispettivamente di 779mila e 877mila voti. Per superare lo sbarramento a Matteo Renzi servivano circa 55mila voti, meno di uno a sezione. Al macero anche i consensi per Michele Santoro e la lista di Cateno De Luca, che in Sicilia vale almeno 115mila voti, pronti però ad essere messi sul tavolo alle prossime Amministrative. La sconfitta al centro ha una duplice valenza: Forza Italia ha resistito all'assalto di Renzi e Calenda, che hanno pagato ambiguità e certi distinguo di troppo, anche se le liste erano di tutto rispetto. Dall'altro il voto polarizzato dalla premier ha avvantaggiato Elly Schlein, che però ha perso la battaglia personale dei consensi con i suoi «rivali», pur calamitando nel finale il voto di chi ha deciso last minute di calarsi nell'agone, da qui il risultato unpredictable anche per i più ottimistici sondaggi a urne aperte. Segno che in una campagna elettorale così accesa servivano slogan e facce con messaggi netti, vedi l'exploit annunciato di Roberto Vannacci. Chissà che la Schlein non decida di optare per l'Europarlamento, dove i mantra su green, gender e ius soli possono far breccia.

Anche l'offensiva giudiziaria last minute si è rivelata un boomerang. In Liguria il centrodestra si è confermato alla grande nonostante l'inchiesta sul governatore Giovanni Toti, a nulla sono serviti gli schizzi di fango su Paolo Signorelli, il portavoce di Francesco Lollobrigida, per episodi di molti anni fa, seppur tali da fargli fare un passo di lato.

A sinistra hanno fatto il pieno di consensi due personaggi alle prese con guai giudiziari come Ilaria Salis, agli arresti con l'infamante accusa di aver partecipato all'aggressione di alcuni neofascisti ungheresi, o Mimmo Lucano, condannato a un anno e sei mesi per falso in atto pubblico nella gestione dell'emergenza migratoria nella sua Riace. Una vittoria anche della magistratura militante, restia ad aprire alla riforma della giustizia che invece il voto alle Europee, dando pieno mandato alla maggioranza, ha reso sostanzialmente inevitabile.

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