Quale che sia l'accordo sul Patto che infine verrà siglato, il tema del debito resta centrale sulla strada dell'equilibrio dei conti che l'Italia insegue da molti anni. Una strada lastricata di insidie, vista la stretta Bce sui tassi e l'atteggiamento guardingo che i mercati, nonostante gli sforzi degli ultimi due governi, mantengono nei confronti dell'Italia.
Sicché per il Tesoro finanziare il debito in scadenza resta un'impresa non facile, a maggior ragione in un anno, come il 2024, che richiede il rinnovo di Buoni poliennali per non meno di 415 miliardi, un record assoluto nella storia della Repubblica. E non esalta sapere che circa un quarto, oltre 100 miliardi, finiranno nelle tasche dei prestatori sotto forma di reddito. Consola il fatto che, grazie alla determinazione del ministro Giorgetti che ha convinto migliaia di risparmiatori italiani a guardare con maggior fiducia ai Buoni di Stato (anche se il costo per il Tesoro non è modesto), una parte di quei 100 miliardi finirà nei portafogli dei residenti.
In questo scenario vale registrare un siparietto che ieri si è svolto a Milano tra il ministro Adolfo Urso e il ceo delle Generali, Philippe Donnet dove quest'ultimo non ha esitato a rispondere per le rime al ministro che poco prima aveva invitato «il settore assicurativo italiano a fare la sua parte quando nei prossimi anni dovremo rinnovare il debito dello Stato». Secca la replica dell'assicuratore francese: «È vero, siamo un interlocutore istituzionale, ma non ci si può ricordare del settore assicurativo solo quando c'è bisogno. Siamo disponibili a un dialogo permanente purché il tutto avvenga in uno spirito di partnership pubblico-privato». I due si sono incrociati durante l'Insurance Summit 2023 del Sole 24 Ore al Palazzo Giureconsulti di Milano, mentre per tutta la mattina, in Borsa, ha aleggiato un malessere tra investitori istituzionali e Tesoro che non dovrebbe prevalere in questa fase tanto delicata per i conti italiani.
D'altro canto la sorpresa di una tassa a freddo sui cosiddetti extraprofitti delle banche piovuta a cavallo di Ferragosto, poi fortunatamente ricondotta in ambiti più gestibili dal Parlamento, ha lasciato un'alea di sospetto sul mercato che perciò si è fatto più attento alle mosse del governo in materia fiscale. Persino un manager giudicato tra i più saggi nel mondo assicurativo come Carlo Cimbri, presidente del gruppo Unipol, pur schierandosi con Urso sulla necessità di affiancare il Tesoro sulle necessità finanziarie del Paese, ha implicitamente chiesto che il governo agisca per rendere meno punitiva l'azione dei grandi investitori istituzionali. «Magari potessimo investire liberamente in Titoli di Stato italiani - ha detto Cimbri - lo faremmo volentieri, perché noi crediamo nel Paese. Non posso perciò che sottoscrivere, come cittadino, l'appello del ministro Urso.
Poi però ci sono le regole europee, che nel nostro settore sono sul capitale regolamentare» e per questo «siamo costretti a investire in logiche che non determinino eccessivi assorbimenti di capitale in caso di shock». Di nuovo si torna a bomba: le regole standard delle istituzioni europee sono pensate con una logica scolastica che non aiutano i partner europei a camminare l'uno a fianco all'altro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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