Mentre i tank Merkava assediano la Striscia, la tensione politica sale al pari di quella militare, in attesa dell'annunciata invasione delle truppe di Tsahal. All'indomani delle preoccupazioni dell'Amministrazione Usa fatte trapelare attraverso il New York Times, sul rischio della mancanza di obiettivi chiari e raggiungibili nei piani israeliani, la Casa Bianca lancia un nuovo messaggio. «La crisi potrebbe degenerare in un conflitto regionale», ha scritto il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, in un lungo saggio su Foreign Affairs. È l'ennesimo segnale di come l'atteggiamento di Washington sia mutato dal massacro di Hamas il 7 ottobre. Da un lato, nelle dichiarazioni pubbliche, l'incondizionato sostegno a Israele, l'appoggio a Netanyahu contro Hamas come quello a Zelensky contro Putin. Dall'altro, in privato, Biden e la sua Amministrazione chiedono all'alleato di valutare attentamente tutte le conseguenze di un ampliamento del conflitto e si preoccupano per la sorte degli ostaggi.
Sul rischio di un'escalation è intervenuto anche Barack Obama. Un'azione di terra potrebbe «peggiorare la crescente crisi umanitaria» nella Striscia, ha affermato l'ex presidente, ammonendo Israele che «ogni strategia militare che ignori il costo umano si ritorcerà contro». E ancora, lo stesso Biden ha lamentato che l'arrivo degli aiuti umanitari a Gaza «non è abbastanza rapido», mentre il leader turco Erdogan ha chiamato Putin accusando l'Occidente per aver «portato la crisi a Gaza a livelli incontrollabili». È in questo contesto che si colloca l'invio a Tel Aviv del generale dei Marines James Glynn, veterano delle campagne contro l'Isis in Irak. Il Pentagono ha precisato che Glynn si limiterà a condividere l'esperienza a Mosul tra il 2016 e il 2017, nella battaglia contro l'Isis. La lezione di Mosul e di Raqqa è stata ricordata anche dal segretario Usa alla Difesa, Lloyd Austin, nelle sue telefonate con Yoav Gallant. Inevitabili le domande sulla presunta tutela Usa imposta a Israele. «Non è compito nostro discutere la competenza del governo di unità nazionale», ha precisato in un briefing il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby. «Gli Usa non stanno facendo pressioni su Israele riguardo all'operazione di terra» a Gaza, hanno riferito fonti diplomatiche di Israele negli Usa, ma il nervosismo traspare anche nel dramma andato al Palazzo di Vetro dell'Onu, dove l'ambasciatore israeliano Gilad Erdan, ha chiesto le dimissioni di Antonio Guterres, dopo che ha affermato che gli attacchi di Hamas «non sono arrivati dal nulla».
Il rischio di una strage è stato sollevato anche da Emmanuel Macron, in visita in Israele e in Cisgiordania, dove ha incontrato Netanyahu e Abu Mazen. La guerra ad Hamas «deve essere senza pietà, ma non senza regole», ha detto il presidente francese. Macron ha lanciato l'idea di una «coalizione internazionale e regionale per combattere Hamas e i gruppi terroristici che ci minacciano tutti», sul modello di quella anti-Isis in Irak e Siria. «Al momento ci concentriamo sull'aiuto a Israele contro Hamas», ha commentato la Casa Bianca, ribadendo che un eventuale cessate il fuoco in questo momento favorirebbe Hamas.
E intanto si alza il livello di allerta: spunta un file audio, fatto circolare da elementi presenti nei campi palestinesi in Libano, che incita al compimento di atti ostili contro obiettivi in Italia. Nei file nominati anche Usa, Regno Unito e Germania, ritenuti responsabili di vicinanza a Israele.
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