Val Susa, arriva la stangata: ai No-Tav 30 anni di carcere

Sedici condanne e tre assoluzioni. Gli imputati contro il giudice: «Non è sereno perché ha parenti in polizia»

Val Susa, arriva la stangata: ai No-Tav 30 anni di carcere

Torino Il tribunale di Torino ha condannato sedici attivisti No-Tav complessivamente a trent'anni di reclusione e il movimento chiede di ricusare il giudice perché «ha parenti nelle Polizia di Stato e quindi non è psicologicamente serena nel suo giudizio».

Il processo di primo grado - che ha anche assolto tre imputati - si riferisce ai disordini avvenuti il 28 giugno di tre anni fa, in Val di Susa, a Chiomonte, quando un migliaio di manifestanti partiti da Exilles violarono l'ordinanza della prefettura, raggiunsero in corteo il cantiere e davanti allo schieramento delle forze dell'ordine lanciarono sassi e fuochi d'artificio. Lo scontro si concluse con quattro poliziotti feriti tra cui due per ustioni.

In aula, alla lettura del dispositivo, oltre a numerosi compagni degli imputati, era presente anche Francesca Frediani, consigliera regionale del Movimento Cinque Stelle che, sulla sua pagina Facebook, ha scritto: «Io sono al mio posto, sia chiaro a tutti. #NoTav».

Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di resistenza aggravata, lesioni, lancio di materiale esplodente. Le condanne più alte ammontano a 3 anni e 10 mesi. Per la leader storica del movimento Nicoletta Dosio - professoressa di greco di 73 anni ormai in pensione - la pena inflitta in primo grado è di un anno e 8 mesi. Un'altra esponente di lungo corso del movimento, Marisa Meyer, è stata assolta.

Complessivamente, le pene ammontano a trent'anni di reclusione, mentre il pubblico ministero Antonio Rinaudo ne aveva chiesti circa settanta. «Le richieste del pm sono state praticamente dimezzate ma rispetto all'entità dei fatti rimangono alte. Sicuramente faremo ricorso», ha detto l'avvocato Emanuele D'Amico, uno dei difensori dei No-Tav condannati

Davanti al palazzo di giustizia alla fine dell'udienza si è radunato un presidio No-Tav che si è poi incamminato in direzione della prefettura, dove si è svolta una manifestazione di protesta contro le condanne.

Non si è fatta attendere la rivolta dei no-tav, contro la magistratura torinese: «Il giudice Minucci ci condanna perché ha parenti in polizia». Con queste parole il movimento è partito all'attacco del giudice Diamante Minucci che ha condannato gli esponenti No-Tav. «Il giudice Minucci - hanno denunciato durante una conferenza stampa davanti alla prefettura torinese, dove si sono dati appuntamento i manifestanti - ha parenti molto stretti nelle forze dell'ordine e pensiamo non sia psicologicamente serena quando si tratta di giudicare fatti su manifestazioni e l'ordine pubblico. Da anni continua a comminare condanne pesantissime anche quando i pm come Rinaudo chiedono l'assoluzione. Dubitiamo che da parte sua ci sia imparzialità e per questo chiederemo la ricusazione nei prossimi processi».

Alberto Perino, storico leader della lotta contro l'alta velocità Torino-Lione, si scaglia contro fogli di via e avvisi orali che hanno colpito decine di attivisti nelle ultime settimane: «I fogli di via hanno colpito persone che hanno terreni nei Comuni in cui non possono più avvicinarsi. Questo è inaccettabile - denuncia - La prefettura dal 28 giugno 2011 reitera le ordinanze che bloccano il traffico nel cantiere, per noi sono provvedimenti incostituzionali».

Il leader di Askatasuna, Lele Rizzo, annuncia un'azione dimostrativa contro i fogli di via nell'area del cantiere per sabato 20 ottobre: «Non siamo qui a piangere per fogli di via, denunce e condanne.

Abbiamo dimostrato in questi anni che sappiamo che quando infrangiamo la legge lo facciamo consapevolmente. Qui invece ci troviamo in una situazione paradossale: procura, questura e prefettura si sono sostituti a chi dovrebbe decidere se e come fare questa opera».

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