Mentre le tv israeliane diffondono l'immagine straziata di Liri, la ragazzina rapita che ieri Hamas ha scagliato sulla faccia degli israeliani, affacciarsi dal mondo mediorientale su quello italiano, è come atterrare, trascinati da un vento che sradica le case, nel mondo del mago di Oz, dove la realtà ha tutta un solo colore: verde menzogna. Qui, ci siamo appena alzati (letteralmente, anche a casa mia) da un bombardamento degli Houthi, paradossali missili balistici, quintali di esplosivo che un gruppo disgraziato che riduce alla miseria anche il proprio Paese, lo Yemen, lancia, per ubbidire all'Iran, a 2mila chilometri di distanza su di noi che potremmo solo fargli del bene (acqua, tecnica, sanità... Israele è sempre stato generoso di aiuti al terzo mondo). Israele cerca naturalmente di fermare i lanciamissili. Ma i media italiani parlano di uno «scontro» che astutamente prepara un'aggressione all'Iran.
Hamas intanto da una settimana lancia di nuovo missili, di nuovo, ogni giorno sugli stessi kibbutz e cittadine in cui è stato compiuto il peggiore massacro della storia recente, sempre nella strategia iraniana. E i media denunciano Israele per aver causato la chiusura di un ospedale di Gaza; non dicono che è stato scoperto che serviva da caserma a centinaia di armati di Hamas, ora finiti in prigione fra cui il loro capo, il direttore dell'ospedale. Poverino, anche il direttore è stato arrestato, lamentano i media. Crudeltà di Israele.
E ieri, mentre in Italia infuria l'episodio di Cecilia Sala, episodio tragico (perché questa giovane donna nelle prigioni iraniane è in mano a un regime che valuta le donne esseri da comandare e da offendere se solo osano vivere la loro personalità e il loro aspetto, un regime che impicca omosessuali e dissidenti e viola tutti i diritti umani) si resta lontani, in politica, da un'analisi completa della natura dell'Iran, del suo ruolo terrorista odierno, delle responsabilità nell'aggressione a Israele e quindi nella morte insieme ad Hamas e agli Hezbollah di tutti gli innocenti uccisi. E qui, il Papa Francesco incontra un certo Abolhassan Navab, rettore dell'Università delle religioni, il cui scopo evidente nella visita, non si sa se condiviso dal Vaticano, era un terribile comunicato in cui loda «la posizione coraggiosa del Papa nella difesa del popolo palestinese», cioè, si deve intendere dato chi lo dice, del loro proxy, l'organizzazione terrorista Hamas, responsabile del 7 ottobre; e continua sostenendo che dicendo «noi non abbiamo problemi con gli ebrei», il successore di Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XIV, che tanto pensiero e azione hanno dedicato alla ricostruzione di un rapporto distrutto molte volte nel fuoco delle persecuzioni antisemite, avrebbe detto «anche noi non abbiamo problemi con gli ebrei; l'unico problema è con Netanyahu che ignorando le leggi internazionali e i diritti umani ha creato crisi nella regione e nel mondo». Ah. Anche noi? Come l'Iran? E Netanyahu è il responsabile del 7 ottobre? Non può averlo detto. Non ci crediamo.
Ma in Italia il contorno culturale è come una marmellata di more, nero e appiccicoso. Risposte scandalose, offese, ha ricevuto il pezzo sul Corriere della Sera di Ernesto Galli della Loggia, che per aver spiegato che la guerra divenuta il tabù principale della cultura postbellica può avere motivazioni giustamente legate a necessità di sopravvivenza e di giustizia e che il popolo ebraico, particolarmente legato alla sua identità, ha potuto combattere proprio per questo, a fronte dell'odio e delle condanne in cui si è imbattuto. Una considerazione profonda, sensata. A volte, anche se a malincuore, combattere significa vivere invece che morire. Anche per i cristiani: lo dimostra, mentre il capo di Hayat Tahrir al Sham al Jolani dichiara la sua simpatia per il Papa, il terrore che invece ormai attanaglia i poveri cristiani della Siria, avvezzi a persecuzioni, le sue suore e i suoi sacerdoti di varie confessioni già derisi, uccisi, perseguitati, asserragliati in casa nel Paese in cui già è stata dichiarata la sharia islamica che li discrimina. La Chiesa ha un responsabilità venerata e immensa.
Un nuovissimo documento dell'associazione 7 ottobre, con dovizia di dati, dimostra che l'antisemitismo in Italia è ormai vergognoso senso comune, e che il 94% degli ebrei ha subito atti d'odio. L'odio contro Israele, o anche contro Netanyahu, va bene per gli Houthi, risuona in questo scenario, e non deve implicare il Vaticano.
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