La vicenda Morisi è un altro colpo alla leadership di Salvini, l'ultimo di una serie. Ma nella Lega tutti assicurano che non sia in discussione (almeno, non ancora) il segretario, quanto invece alcune sue scelte, anche in fatto di persone. In altre parole, il suo «cerchio magico». Cioè i fedelissimi di cui Salvini si è circondato in questi ultimi anni, personaggi senza una storia leghista, arrivati per «chiamata diretta» del Capo. «Li vediamo come un corpo estraneo, un gruppetto autoreferenziale che forse a Roma si è montato la testa - racconta un parlamentare lombardo di lungo corso -. Il rischio di imbarcare persone che poi combinano casini c'era anche nella vecchia Lega (gli esempi, non mancano, vedi l'epoca Belsito, ndr), ma in un partito leninista come il nostro c'erano più filtri. Se invece fai un partito liquido, che pesca in territori dove non la Lega non ha un radicamento, oppure fai arrivare gente solo per fedeltà a Salvini, è chiaro che il rischio aumenta molto...». Perché Morisi, arrivato dal nulla a capo della comunicazione della Lega, è appunto l'ultimo dei «non leghisti» che hanno avuto un ruolo importante nella trasformazione della Lega a primo partito a livello nazionale, aiutando Salvini ad uscire dai confini della Padania. Sia organizzando il partito a Roma e nel centrosud, come ha fatto Cladio Durigon, sia portando nella Lega i temi (a suo tempo molto efficaci) dell'uscita dall'euro e del ritorno alla lira, come hanno fatto gli economisti Borghi e Bagnai, sia appunto costruendo una macchina social per macinare like e consensi, come ha fatto Luca Morisi. Ma proprio da loro sono arrivati i problemi per il capo leghista (e prima ancora con Armando Siri, anche lui leghista non della prima ora, al centro di una vicenda giudiziaria), senza contare quelli imbarcati strada facendo, soprattutto al sud, pronti a mollare la Lega (vedi l'europarlamentare no vax Donato). I leghisti della vecchia Lega, specie in Lombardia e Veneto, guardano con poca simpatia al cerchio magico salviniano. Non a caso proprio i veneti sono stati i primi a chiedere il passo indietro di Durigon da sottosegretario, e sempre loro i più irritati dalle partecipazioni dei «non leghisti» Bagnai, Borghi, Siri, Pillon e Rinaldi alle manifestazioni no vax. Ci mancava anche l'ombra della droga per l'ex guru di Salvini.
Se agli scivoloni del cerchio magico salviniano si aggiungerà un risultato deludente alle amministrative, la discussione finirà per coinvolgere la leadership di Salvini. Magari nei congressi, chiesti a gran voce dai veneti.
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