Veleni alla Baggina: "Lì niente mascherine"

Le infermiere adesso accusano l'istituto. Sono morti 27 anziani in 7 giorni

Veleni alla Baggina: "Lì niente mascherine"

L'ondata di morti per Coronavirus ha investito, senza dubbio, anche il Pio Albergo Trivulzio. Nella prima settimana di aprile nella Rsa milanese sono morti 27 ospiti che probabilmente avevano il Covid-19 (altri 10, terminali, sono morti per altre patologie). Sono quasi quattro decessi al giorno: un'enormità. A marzo erano stati 70 (contro i 52 del marzo 2019), di cui una decina presentava sintomi da Coronavirus.

I numeri sono forniti dalla stessa direzione sanitaria del Pat, finita nella bufera e accusata di aver nascosto i decessi e di non aver fatto nulla per impedire la diffusione del contagio. Sulla casa di risposo più grande del Paese, con oltre mille ospiti, indaga la Procura. E la Regione ha istituito una commissione che dovrà verificare eventuali responsabilità. «L'età media dei pazienti deceduti - spiega una nota - va dai 78 anni nei reparti di riabilitazione agli 85 degli ospiti in Rsa». Aggiunge Rossella Velleca, specialista in malattie infettive e Uos Governance clinica dell'istituto: «Anche senza la conferma dei tamponi, che ricordo che l'istituto non è ancora in grado di eseguire, i 27 pazienti deceduti ad aprile per polmonite avevano quasi sicuramente contratto il Covid. La situazione clinica di estrema fragilità di questi pazienti, così come la loro età, non sempre ne consente il trasporto in ospedale». Nelle Rsa, precisa ancora la direzione sanitaria, «chi ha i sintomi del Covid può beneficiare delle stesse identiche terapie farmacologiche che vengono somministrate dagli ospedali, con l'unica differenza che il Pat non può offrire la respirazione artificiale (ventilazione assistita)». Sui morti: «Il mese di aprile sta mostrando i primi segni dell'ondata pandemica che ha investito l'intero Paese e che era impossibile che risparmiasse le Rsa, dove sono state messe in campo tutte le misure di protezione dettate dalla legge e della buona pratica clinica». Infine i tamponi: «Sono già stati chiesti per tutti gli ospiti della struttura da quando Regione Lombardia e Ats hanno dato la possibilità di farlo». La direzione inoltre sottolinea che «nessun paziente positivo al Covid-19 proveniente dai nosocomi lombardi è mai stato ammesso» al Pat. Solo 19 persone dimesse dall'ospedale di Sesto San Giovanni e dichiarati no Covid. Riguardo alla dotazione delle mascherine al personale, un'operatrice socio sanitaria ha dichiarato all'Agi: «Il 23 febbraio è stato il mio ultimo giorno al Pio Albergo Trivulzio. Sono stata cacciata perché mi sono rifiutata di togliere la mascherina che, secondo una dirigente, allarmava i pazienti». La donna aveva la tosse e non voleva mettere a rischio gli anziani. Dopo lo screzio con la dirigente è stata mandata a casa, ora è in malattia. «Le mascherine sono state fornite alle mie colleghe solo a metà marzo», continua. Un'altra oss di 45 anni, Nana, racconta: «Il 18 marzo abbiamo fatto uno sciopero improvvisato, minacciando di non lavorare più se non ci avessero dato le mascherine». I vertici in effetti ammettono di aver dovuto razionare i presìdi per un mese e dare i pochi disponibili a chi lavorava a contatto con pazienti con sintomi respiratori. Solo il 21 marzo è arrivata una prima partita di 5mila mascherine.

Anche l'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera ieri è tornato sul caso: «Abbiamo istituito due commissioni, una per accertare quello che è successo al Pat, che vada a verificare i progetti organizzativi e gestionali della struttura, perché vogliamo che i cittadini in trasparenza conoscano l'accaduto, senza mediazioni. Abbiamo chiesto di partecipare con un proprio membro anche al Comune, che ha una partecipazione importante nel Pio Albergo Trivulzio». Com'è noto, è stato indicato l'ex pm Gherardo Colombo.

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