Veleni e coltellate tra i candidati Pd

Gori può superare la capolista Strada. Guerra tra Bonaccini, Decaro e Zingaretti

Veleni e coltellate tra i candidati Pd
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Al Nazareno si respira grande ottimismo, «andiamo fortissimo», e c'è chi si azzarda a scommettere addirittura sul 25%: a un'incollatura dal partito della premier, e lasciando ampiamente nelle retrovie le claudicanti liste europee dell'alleato-rivale Giuseppe Conte, dato in discesa. Ma se il partito sembra andar bene, e se la leader lavora alacremente ad una forte affermazione personale nelle circoscrizioni in cui è candidata (nelle Isole, ma soprattutto nel Centro, dove l'obiettivo che sogna per blindarsi sono le 400mila preferenze), c'è un problema coi capilista. Gli «esterni», scelti da Elly Schlein per oscurare i «cacicchi» delle correnti e per segnalare la «novità» del suo Pd, arrancano nella furibonda gara a chi incassa più consensi all'interno della stessa lista, con relativi colpi bassi reciproci. Alcuni di loro si lamentano apertamente: «Qui c'è gente che fa politica sul territorio da vent'anni, loro i voti li hanno. Io me li vado a cercare», racconta Lucia Annunziata, capolista al Sud che deve vedersela con il fortissimo barese Decaro, con la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno e con De Luca che spinge il suo Lello Topo. A lagnarsi esplicitamente è Marco Tarquinio, fortissimamente voluto da Elly nel Centro: «Il Pd non mi sta dando tantissima accoglienza, giro le regioni e nessuno mi viene incontro», piagnucola l'ex direttore dismesso da Avvenire, su una linea pacifista talmente anti-Nato e anti-Ucraina (oltre che anti-aborto) da suonare oltre quella di Salvini, tanto che la sua fan Schlein ormai lo evita come la peste. Financo Cecilia Strada ne ha preso le distanze: «La linea del Pd non la fa lui». E a proposito di Strada:anche la sua candidatura è un problema. La segretaria la ha imposta numero uno nel Nordovest, ma la figlia di Gino Strada (cacciata nel 2018 da Emergency per eccessivo estremismo, con l'ok del babbo) non pare raccogliere grandi entusiasmi. L'elettorato riformista non la può vedere, quello radical-salottiero - nonostante i suoi proclami pro-patrimoniale - è più attratto dalla Salis, che almeno stava in galera (anche se ora non più, il che potrebbe abbassarne le chance). Elly cerca di trascinarla, come sul palco milanese da cui ha praticamente pregato di votarla, in barba agli altri suoi candidati: Ma ha anche il problema del «suo» Zan, che è candidato in due circoscrizioni, per consentire alla leader di pilotare il gioco dei subentri attraverso un fedelissimo, ma non smuove le masse.

Mentre il moderato sindaco di Bergamo Giorgio Gori, in ascesa, rischia di surclassare ampiamente Strada; il sindaco di Milano Sala fa campagna per l'assessore riformista Maran; l'ex ministro Guerini per Emanuele Fiano; e va forte anche l'alternativa femminile a Cecilia, l'uscente Irene Tinagli. Debolissima pure la terza capolista di Schlein, l'ecologista Annalisa Corrado nel Nordest: c'è persino chi dubita che possa essere eletta, schiacciata com'è tra le uscenti Gualmini (agganciata a Bonaccini) e Moretti (forte di suo in Veneto). Dietro la leader, intanto, si consuma una guerra all'ultima preferenza tra tre big: Bonaccini (Nordest), Zingaretti (Centro) e Decaro (Sud). Tutti e tre inseguono il sogno dei 200mila voti, con l'obiettivo di diventare il capogruppo in Europa.

Sia Zingaretti che Decaro, però, hanno un ulteriore traguardo: il primo vuol soffiare a Gualtieri la candidatura a sindaco di Roma (e non a caso ha disertato la cena elettorale per Elly, organizzata lo scorso weekend dal big dei voti romani Mancini, alleato di Gualtieri e sponsor nel Centro del pesarese Matteo Ricci). Quanto a Decaro, vuole candidarsi governatore in Puglia al posto di Emiliano. L'Ue, per loro, è un trampolino. Per tornare in provincia.

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