"Veneto più penalizzato dalla pandemia. Ma saremo i più veloci nella ripartenza"

Il presidente dei commercianti: "I più colpiti perché leader nei servizi"

Nel peggior calo dei consumi dal dopoguerra il Nord ha le ossa più rotte. Patrizio Bertin, presidente Confcommercio Veneto: perché la parte più operosa d'Italia è sempre la più penalizzata?

«Perché noi abbiamo questo tipo di flessibilità. Quando accadono le cose la paghiamo in maniera pesante. Poi, quando c'è la ripartenza siamo più veloci. Ma in questo caso la pandemia ci ha segnato fortemente».

Quali i fattori determinanti?

«Abbiamo avuto il crollo totale di turisti, il Veneto, in una stagione normale, fa 70 milioni di presenze. Tutto questo nel 2020 non c'è stato. Alcune attività completamente bloccate. Le famiglie non hanno più consumato e poi al Nord, vedi Bergamo, tantissimi lutti. Il primo pensiero non erano di certo vacanze o vestiti».

Paradossalmente il Sud, che partiva con una situazione peggiore, ha visto un andamento meno negativo.

«Certo, perché imprese di servizi sono più al Nord che al Sud. Anche quando siamo usciti dal lockdown molti hanno continuato in smart working, non sono più usciti. Questa pandemia ha spaventato le persone, consumi azzerati, tranne online, zero stimoli. Il numero elevato di servizi all'avanguardia e innovativi ha penalizzato il Nord. La regione col Pil più alto ne risente di più».

Troppo digitalizzati?

«Sì, il Sud è rimasto colpito, ma soprattutto nel turismo. Noi abbiamo sempre cercato di stare al passo con i tempi e in questo caso abbiamo visto che il tradizionale ha tenuto meglio, l'innovativo non sempre. Non a caso Milano è la capitale dei servizi».

Ci sono attività che hanno tenuto meglio?

«La gente qualcosa doveva pur acquistare, ha fatto acquisti di noia, nell'elettronica, nel casalingo. Ora ci siamo accorti che vivere in spazi stretti è difficile e quindi c'è un boom nell'acquisto delle case».

Si usano i risparmi?

«Certo, nelle banche sono cresciuti, la gente ha accumulato».

Il Nord ne uscirà prima?

«Io penso di sì: so che quando ripartiremo, il Nord ne uscirà in maniera importante, ma per tornare alla normalità bisognerà aspettare la fine del 2022».

E in quali condizioni ripartiremo?

«Bella domanda. Questa pandemia ha cambiato le regole del gioco, normalità è una parola grande. Qualcosa è cambiato, inutile negarlo. Anche i consumi sono cambiati, la gente compra in maniera diversa e compra cose diverse».

Per esempio?

«I vestiti d'alta moda. Le scarpe. Sono tutti prodotti che ora sono snobbati perché le persone non hanno stimoli».

Ripartenza su nuove basi?

«Torneremo ai livelli del precovid ma dobbiamo capire dove tararci. Tenendo conto anche del cambiamento e dando aiuti alle imprese. Bisogna dare fiducia a questo Paese. Ha bisogno di coraggio e stabilità».

Nel frattempo quante imprese non ce l'hanno fatta?

«A fine 2020 in Veneto stimavamo il 15 % di imprese in meno. Erano persone vicine alla pensione o start up al primo gradino. Ora alcune zone sono senza negozi di prima necessità e questo è un problema sociale».

E il reddito di cittadinanza? Ha giocato un ruolo?

«Ci ha messo in difficoltà nel trovare gli stagionali, forza lavoro. Ok aiutare le famiglie bisognose. Ma così non è dignitoso».

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