«Dopo averla conosciuta io sono convinta dell'innocenza di Francesca Mambro sulla strage di Bologna, e ho aderito a questo comitato con l'obiettivo politico di consentire alla società di nutrirne il dubbio, al di là di quello che ha detto una sentenza discutibile» erano parole che pronunciava nel 1996 Franca Chiaromonte, deputata comunista. Nessuno la chiamò fascista, né le chiese dimissioni.
Il comitato «e se fossero innocenti?», nato dopo la sentenza di condanna definitiva di Mambro e Fioravanti, nacque internamente alla sinistra. Piero Badaloni, all'epoca presidente della regione Lazio (e un mese fa presidente del comitato del candidato presidente del Pd Alessio D'Amato) presentò al presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino una mozione con cui la regione Lazio all'unanimità chiedeva la revisione del processo. Per tutti gli anni 90 e 2000 in molti a sinistra professavano l'innocenza di Mambro e Fioravanti. Da Furio Colombo a Francesco Cossiga. Il dibattito è stato portato avanti e alimentato per anni. Mentre Mambro e Fioravanti finivano di scontare la pena, presso l'associazione radicale Nessuno Tocchi Caino. Finché nel 2007 fu il giornalista di sinistra Andrea Colombo a scrivere il libro «Storie nere», sulla loro innocenza. La presentazione fu organizzata dal Corriere della Sera, con un intervento dell'allora direttore Paolo Mieli: «Fra qualche decennio quando gli storici analizzeranno queste vicende si stupiranno della illogicità assoluta dell'impianto accusatorio... il modo di procedere giudiziario è stato totalmente capovolto... era chiesto agli imputati di discolparsi, portando elementi ridicoli di colpevolizzazione... un caso mostruoso... Io non lo so, Mambro e Fioravanti potrebbero essere anche colpevoli- diceva Mieli- ma sulla base di come sono stati giudicati questi processi sono figli di un condizionamento culturale dell'epoca in cui si sono svolti, e basta Ma la protervia con la quale coloro che sostengono la tesi della colpevolezza di Mambro e Fioravanti contro libri come questo non ha eguali. E anziché proporre argomenti accusano gli altri di essere dei poco di buono aldilà della biografia delle persone» sembrano parole riferite all'accanimento che si è scatenato contro Marcello De Angelis, e invece Mieli le usava vent'anni fa per difendere i «revisionisti» di sinistra: «Un giorno quando rianalizzeremo questi fatti al di là delle bizzarrie dell'inchiesta diremo che ci furono degli episodi di Civiltà. Per Sofri è un dubbio sacrosanto ma accettato, per le stragi nere è un dubbio non accettato, che è più prudente non esibire. E c'è sempre qualcosa di insinuante nel trattare persone che questi dubbi hanno manifestato. Ma se questo può giovare loro, io lo garantisco da storico, dopo la loro morte questi dubbi acquisiranno rilievo.
E i dubbi saranno portati come esempio che non tutti nell'epoca in cui i fatti accaddero furono così stolti o intellettualmente disonesti o sciatti, da prendere per oro colato le verità rivelate e adeguarsi». Di decenni ne sono passati due, ma il dibattito è tornato indietro. E se prima era consentito esprimere dei dubbi, ora neppure quelli.
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