A sinistra, dopo l'ennesima polemica sulla strage di Bologna, qualcuno si è svegliato e sembra aver iniziato a capire che il rischio di un ritorno del fascismo è inesistente.
A dirlo è uno dei fondatori del Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro (nella foto), che da settimane sta girando le località estive per promuovere il suo ultimo libro. Incontri che si concludono con le domande del pubblico. «Ebbene, mai una volta che qualcuno abbia chiesto la mia opinione sul rischio del ritorno del fascismo in Italia e meno che mai sui pericoli per la democrazia generati dal governo Meloni», scrive il giornalista sul Fatto.
Padellaro, in merito, avanza alcune ipotesi: «O la minaccia non è avvertita come tale dal popolo bue oppure, come già in passato, il nostro Paese è già purtroppo rassegnato a subire le conseguenze di una incombente dittatura». E, infine, c'è l'assuefazione data dal fatto che ad ogni ricorrenza storica gli italiani rivivono la stessa scena in cui la sinistra pretende una «non ambigua professione di antifascismo» da parte della premier. Un copione che si è ripetuto anche in occasione dell'anniversario della strage di Bologna, ma il risultato non è cambiato: gli italiani non avvertono alcun pericolo fascista. «Ciò che per noi giornalisti è sommamente importante non è detto che lo sia per i lettori», sentenzia Padellaro. Gianfranco Pasquino, intervistato dal Resto del Carlino, nega che vi sia un nesso tra la strage di Bologna e i membri del governo Meloni: «Non si tratta di eredi degli stragisti. Probabilmente vengono dallo stesso mondo, ma spiega il politologo - hanno poi fatto scelte molto diverse, non hanno alcuna colpa».
E, rivolgendosi al mondo della sinistra, avverte: «Non si guadagnano voti ripetendo che al governo ci sono i fascisti». Infine, Fausto Bertinotti, intervistato dal Tempo, ribadisce il valore dell'antifascismo, ma riferendosi al governo, dice: «Da qui a parlare di ritorno al fascismo è un'esagerazione».
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