«Il voto in Gran Bretagna non influenzerà direttamente l'Italia e gli altri paesi europei - dice Giovanni Orsina, storico, politologo e direttore della Luiss School of Government - ma ha dimostrato che l'onda populista non è per niente in calo».
La vittoria dei conservatori ha dimostrato il disamore dei britannici verso l'Europa. E un segnale anche per gli altri Paesi dell'Unione?
«Credo di sì. Bisogna fare alcune considerazioni. La prima: i sondaggi dicevano abbastanza chiaramente che il partito conservatore era al 43% e i laburisti al 33. Alla fine, si sono discostati di poco. La seconda è che il trionfo conservatore con il 43,6% comunque non rappresenta la maggioranza assoluta. Un po' di cautela metodologica bisogna sempre averla».
Ma è dai tempi della Thatcher che non prendevano tanti voti.
«Non c'è dubbio. In un sistema maggioritario è un risultato importante. Detto questo, l'errore è sempre quello di pensare che queste ribellioni populiste provengano dalla pancia e non dalla testa. Insomma, esplosioni emotive prive di ragioni, e per questo destinate a sgonfiarsi rapidamente».
Non sembra che sia così in questo caso.
«Nel 2016 i britannici hanno votato sì al referendum pro Brexit e già il giorno dopo in molti commenti si delegittimava la loro decisione denunciandone la presunta irrazionalità. Dicevano che il buonsenso si sarebbe ristabilito. Un'interpretazione drammaticamente sbagliata. È molto difficile separare la pancia dalla testa, nelle decisioni umane. Ogni voto è al contempo di pancia e di testa, sia esso dato ai populisti o ai non populisti».
Il voto nel Regno Unito avrà qualche riflesso politico in Italia e In Europa, dando ancor più fiato a sovranisti e populisti?
«Secondo me sì. Il caos in cui si sono gettati gli inglesi con la Brexit è stato sicuramente un grande spot contro l'idea che si possa uscire dall'Europa. Ci è voluto un po' di tempo, ma adesso l'operazione è compiuta. E noi abbiamo la conferma che queste non siano emozioni o momenti di follia collettiva ma un'onda lunga e profonda che viene confermata»
Un'onda che cresce anche nel nostro Paese?
«La speranza che Salvini si sgonfi, a mio avviso, è infondata. O meglio: può anche sgonfiarsi, ma in quel caso i suoi consensi andrebbero ad altre forze, in senso lato, populiste. Perché chi vota i sovranisti lo fa per ragioni profonde: in Italia come in Gran Bretagna. Il voto britannico, per altro, ci dà un meraviglioso laboratorio, per lo meno nel lungo periodo».
Ammesso che si vada al voto anticipato vista la poca stabilità del governo, quest'onda sovranista premierebbe ulteriormente il centrodestra?
«Non credo che l'elettore italiano sia così influenzato da un voto straniero. Certamente un clima internazionale che soffia in una certa direzione dà l'idea che il vento della storia vada di là. È comunque del tutto evidente che questa vittoria dei conservatori britannici sia un buon risultato anche per i sovranisti italiani».
Insomma, il voto italiano si sposta a prescindere dai risultati elettorali in Europa.
«Il voto italiano è molto più condizionato dalla plastic tax o dalle fratture e dalle risse continue che segnano questo governo oppure se dovessero riprendere i flussi migratori questa primavera. Dopodiché è chiaro che il contesto internazionale pesa, soprattutto considerando che il Conte 2, nato per fermare Salvini, è un governo che si è fortemente appoggiato a un contesto internazionale».
Se il centrodestra, i partiti sovranisti andassero al voto sarebbero destinati a prevalere in Italia e in Europa?
«In Italia probabilmente sì. A livello europeo la situazione è più complicata. Il populismo è un'onda lunga che cresce lentamente.
Sia in Francia sia in Germania, quest'onda è forte e continua ad aumentare, ma non mi pare che questi partiti al momento siano in gradi di vincere. I partiti tradizionali sono ancora forti, anche se sono obbligati ad alleanze destra-sinistra per fermare quest'onda. E queste coalizioni di establishment non fanno che rafforzare i populisti».
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