L'ambiente non è il giardino incantato, senza altri esseri umani a parte noi, perfettamente climatizzato né freddo né caldo in modo da stare coperti il giusto, per quel pudore retaggio di quando si stava in tanti, nell'ambiente devastato delle città. Se lo fosse, la religione non avrebbe potuto inventarlo come premio per i buoni. No, l'ambiente è il posto in cui viviamo, dove facciamo le nostre cose, in tanti o in pochi a seconda. Non è sempre accogliente e ospitale. A volte è minaccioso e pericoloso. Questa pandemia ci sta appunto ricordando quanto abbia sofferto l'umanità a causa di virus e batteri e non solo. Ci sono state carestie e inondazioni, eruzioni e terremoti, siccità e incendi, per citare solo qualche dono di madre natura.
Per viverci al meglio, in tanti e più a lungo possibile, abbiamo scoperto e inventato di tutto, fino a un vaccino in soli nove mesi. Adesso oltre a governarlo, proteggendoci dalle sue calamità e sfruttandone le piacevolezze, abbiamo compreso che dobbiamo tenerlo in buono stato e lasciarlo così ai figli. Sotto i riflettori abbiamo messo la sostenibilità ambientale del nostro modello di vita che, con la rivoluzione industriale, ha preso a immettere in atmosfera quantità di anidride carbonica superiori a ciò che il pianeta riesce ad assorbire, che dunque si accumula e produce un effetto serra che riscalda la temperatura. Però dagli anni '80 l'Europa ne emette sempre meno e con Obama anche gli Stati Uniti hanno invertito la rotta, mentre la Cina continua a crescere e le sue emissioni oggi sono più di quelle europee e americane messe insieme. È questa la sostenibilità ambientale? Sì, in parte, ma non solo. C'è una sostenibilità ambientale che non riguarda le emissioni di gas serra. Il Bel Paese è forse il miglior posto al mondo dove vivere, ma ciò non toglie che ci siano dei luoghi dove si muore.
Si muore sotto le macerie dei palazzi terremotati, che andrebbero rafforzati. Non sappiamo quando, ma sappiamo se e quali zone siano a rischio sismico. Si muore sopra un ponte a Genova o sotto un ponte ad Ancona, perché l'usura delle strutture in acciaio e cemento non è stata monitorata. Si muore nella propria auto quando un'alluvione provoca l'esondazione dei fiumi, i cui argini andrebbero sistemati e puliti. Si muore in casa a Sarno quando le montagne franano, a causa del disboscamento o di altre cause che andrebbero monitorate e sistemate. Si muore girando in scooter a Roma, perché le buche sono lasciate lì dall'incuria, a segnare il destino delle persone. Si muore a scuola a San Giuliano e altrove quando crolla il tetto, la cui tenuta non era stata controllata. Questo è l'ambiente, quello in cui viviamo, e non è sostenibile.
Quando si fanno progetti per l'ambiente, illudendosi che tutto si risolva in maggiori o minori emissioni di CO2, si farebbe bene a mettere in cima alla lista voci quali dissesto idrogeologico, rischio sismico, alluvioni e inondazioni, edilizia civile, rete viaria e ferroviaria. Ci sono migliaia di chilometri di strade da sistemare, con ponti e gallerie da mettere in sicurezza. Migliaia di scuole ed edifici pubblici e privati da controllare e rafforzare. I letti e gli argini dei fiumi da pulire. Le montagne da rimboscare e monitorare. Non sono investimenti alla moda.
Non c'è nessuna ragazzina con l'impermeabile che invece di andare a scuola gira per ponti e zone sismiche. Non se ne parla nei salotti radical chic che fecero un can-can per i pesciolini morti a Bracciano in un'estate un po' secca. Però è il nostro ambiente. Sarebbe così sbagliato renderlo sostenibile?
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