Il vero volto di Bin Salman Spari sui migranti: è strage

Centinaia di morti al confine con lo Yemen: «Un crimine contro l'umanità». Visita a Londra in bilico

Il vero volto di Bin Salman Spari sui migranti: è strage
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Cattive notizie per Mohammad bin Salman Al Sa'ud (MBS per amici e nemici), rampantissimo principe ereditario dell'Arabia Saudita. L'ong britannica Human right watch ha presentato un durissimo rapporto riguardante le «attività di contrasto all'immigrazione» lungo il confine meridionale del regno. Secondo gli attivisti di Hrw le guardie di frontiera saudite schierate sulla frontiera con lo Yemen - Paese da anni dilaniato da una feroce guerra civile tra sciiti e sunniti, rispettivamente sponsorizzati da Teheran e Riad - hanno il grilletto molto, troppo facile. Risultato, un susseguirsi di carneficine con centinaia di morti. A farne le spese soprattutto i migranti in fuga dalla vicina Etiopia - un altro inferno devastato dalle faide interne, dalla carestia e dalla siccità - che, attraversato il Mar Rosso e approdati nello Yemen, tentano di passare nel regno dei Saud per raggiungere gli emirati o l'Egitto e poi, forse, l'Europa. Il documento di Hrw, subito rilanciato dalla Bbc, raccoglie decine di testimonianze con un unico filo conduttore: dolore e morte. «Quando i sauditi ci hanno visto, hanno iniziato a spararci con proiettili e razzi - dice una donna a Hrw -. Dei 300 che erano nel mio gruppo, sono sopravvissuti meno di 150». «Ho visto persone uccise in un modo che non avrei mai immaginato», ha detto ai volontari di Hrw la 14enne Hamdiya, che ha attraversato il confine con altre 60 persone lo scorso febbraio. Per chi sopravvive un campo di concentramento, torture e bastonate. Da qui l'immediata richiesta del Dipartimento di Stato americano ai sauditi di aprire subito «un'indagine approfondita e trasparente». È di ieri peraltro la notizia che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden potrebbe incontrare il principe in occasione del vertice del G20 in programma il 9 e 10 settembre a Nuova Delhi.

Insomma, una brutta storia che offusca nuovamente il blasone del principe e oscura le nuove ambiziose politiche saudite. O forse no. Ricordiamo che da anni MBS è impegnato nella difficile modernizzazione del suo sabbioso regno, uno sforzo iniziato nel 2017 con la rottura dell'asse storico tra la dinastia e il molto reazionario clero wahabita, il richiamo all'ordine, felpato ma severo, dei potenti locali (compresi i circa 300 membri della famiglia reale) e l'introduzione di alcune prudenti riforme. Poi, forte dei petrodollari dell'Aramco (la società energetica statale) l'erede al trono ha lanciato «Vision 2030», una somma di progetti avveniristici destinati a modificare radicalmente l'immagine dell'Arabia Saudita tra città ecosostenibili, massicci investimenti nell'idrogeno e nel solare, aperture impensate al turismo (con l'obiettivo di portare a Riad l'expo 2030). Al tempo stesso MBS ha investito enormi capitali in Europa e negli Stati Uniti con importanti acquisizioni immobiliari e partecipazioni nel business del calcio. Il tutto tra inciampi come la guerra per procura contro l'Iran nello Yemen, l'embargo verso il Qatar e, soprattutto, l'assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi,di cui la Cia ha accusato il principe d'essere il mandante. Per gli Stati Uniti MBS divenne una persona impresentabile e lo stesso Joe Biden lo definì un «reietto». Ma, poiché i soldi non dormono mai e gli interessi geopolitici nemmeno, le accuse occidentali rientrarono presto.

Al punto che qualche giorno fa il premier britannico Rishi Sunak ha invitato MBS a Londra, e chissà se questa visita resterà in piedi. L'Arabia Saudita è e resta un attore fondamentale del nuovo scenario mondiale e l'erede al trono è saldo al potere. Qualcuno avverta i poveri migranti etiopi. Difficilmente per loro vi sarà giustizia.

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