Vi racconto l'odissea del volo fantasma più pazzo del mondo

L'imbarco per l'Oman era previsto per venerdì sera ma un presunto "guasto elettrico" fa slittare la partenza di oltre 24 ore. E così saltano le ferie...

Vi racconto l'odissea del volo fantasma più pazzo del mondo

Il mio posto era il 34 C. Volo Wy0144. Imbarco previsto ore 20.30. Partenza, 21.30. Malpensa direzione Muscat, Oman, punta estrema della penisola arabica. Il boarding pass è ancora nello zaino. Non è stato mai strappato perché su quell'aereo io, mio marito e nostra figlia non siamo mai saliti. Ci siamo arresi. Anzi, mi sono arresa. E stavolta non per colpa della mia paura di volare. Mi sono arresa all'Oman Air. E a un'odissea lunga un giorno. A terra, mica per aria.

La cronaca: alle 18.30 arriviamo in aeroporto, check-in regolare con tre bagagli in stiva. Tutto a posto. Controlli veloci (in famiglia voliamo parecchio, nonostante la mia fobia, e siamo allenatissimi a svuotare tasche, slacciare cinture e passare Olivia, il coniglietto globetrotter della figlia seienne, sotto gli scanner della sicurezza). Solito tour al duty free, caramelle, acqua, una spruzzata di profumo e poi via al gate B6. Sullo schermo nessun ritardo. Una sigaretta al volo nella smoking aerea e poi arrivano le otto e mezza. Tutto l'equipaggio - hostess, pilota, copilota (e pure la moglie del copilota) - è lì che aspetta di salire. Passano i minuti, è già chiaro che non partiremo in orario. Finché la signorina comunica il primo avviso: «C'è un guasto elettrico, stiamo provando a risolverlo. Per le dieci e mezzo vi faremo sapere». Arrivano le dieci e quarantacinque. E il guasto non si risolve.

Eppure, dice l'esperto di aviazione che ho sposato, «l'aereo è un Boeing 787 consegnato alla compagnia lo scorso ottobre». Ma come, nuovo di zecca e già si rompe? Intanto fuori sulla pista non si vede un accidente per la nebbia. Dentro, si creano capannelli fra i compagni di sventura, molti solo in transito a Muscat ma diretti in Thailandia, Singapore o Maldive, e quindi preoccupati di perdere la coincidenza. Girano voci incontrollate: dal più ingegneristico «ho sentito che è un problema di tergicristallo, non funzionano» al sospettoso «pare che il comandante non abbia l'autorizzazione per volare con la nebbia» fino al complottista «forse non vogliono dirci la verità e parlano di guasto tecnico». Arrivano le undici e ancora nulla. Finalmente, il verdetto: si resta a dormire a Milano e domani, chissà. «Le famiglie con bambini piccoli e passeggeri business al gate B6, gli altri al B5». Piccoli parapiglia con chi dribbla la fila per avere prima il voucher e correre a recuperare i bagagli (è stato il baggage claim più veloce della storia di Malpensa). I primi - compresi noi - avranno la fortuna di essere sistemati allo Sheraton dell'aeroporto. I secondi vengono portati con un pullman in un hotel a Rho.

Camera pagata, cena offerta. Non ci possiamo lamentare. Ma da Oman Air nessuna informazione. Nessuna telefonata in camera per comunicare, come era stato promesso al gate, il da farsi per la mattina seguente. Amen. Si mangia, si dorme (solo fino alle 6, perché magari l'aereo è stato sistemato), ci si fa una doccia, si fa colazione e poi via, si torna in aeroporto sentendoci un po' come Tom Hanks in The Terminal. Sugli schermi il volo viene dato in partenza per le 13. Illudendoci, ci mettiamo tutti ad aspettare davanti al check in numero 16. Al desk non si vede nessuno. Passano i minuti, le mezzore. Il personale della Sea, la società che gestisce Malpensa è gentilissimo ma non ha notizie. Arrivano anche due poliziotti per controllare la situazione visto che ci sono trecento persone e i loro bagagli abbandonati fra gli sportelli del Qatar e quelli della Turkish Airlines. Stiamo diventando un problema di ordine pubblico.

All'ufficio della Oman Air c'è una sola impiegata, asserragliata dentro, che non risponde alle domande. Mandando una mail alla compagnia, arriva una risposta automatica: gli uffici sono chiusi per il 1° gennaio. Scrivo un messaggio di lamentele all'account Twitter di Oman Air ma l'ultima loro risposta a un cliente che aveva perso i bagagli è vecchia di due giorni. Tutti spariti come il volo fantasma che ora viene dato in partenza sugli schermi alle 17. Ci consegnano un buono pasto, qualcuno lo usa ma molti sono impegnati a cercare posto su altri voli quasi tutti già pieni, compresa la business.

Alle 14.30 arrivano due gentili dipendenti dell'aeroporto di Malpensa e ci informano che, se vogliamo, possiamo tornare allo Sheraton per riposarci e il volo partirà alle 20. Giusto in tempo per evitare il rimborso totale del biglietto che pare, scatti, quando vengono superate le 24 ore di ritardo. Ma io non mi fido più né di Oman Air né del sultano dell'Oman. Il marito vuole resistere, la figlia seienne non ne può più. Io pure. Vince il partito della resa, torniamo a casa e tanti saluti a Muscat, ai cammelli, al tè nel deserto, ai bagni con tartarughe e delfini, ai datteri e le moschee dorate. Sarà il destino. Sarà il 2016 «anno bisesto, anno funesto».

O forse saranno i primi effetti della spending review dell'Oman che a causa del crollo delle quotazioni del greggio, ha annunciato venerdì una maxi manovra all'insegna dell'austerità (meno aerei per tutti?). So solo che sto scrivendo davanti a tre valige piene di magliette, costumi, creme solari, occhiali e boccagli. E che rivoglio indietro le mie vacanze.

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