Il viaggio in Georgia: "Elezioni regolari"

Orban contro l'Ue: "Vuole farmi cadere"

Il viaggio in Georgia: "Elezioni regolari"
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Mentre migliaia di persone continuano a riempire le strade di Tbilisi per denunciare i brogli, in larga parte orchestrati dalla Russia, nelle ultime elezioni, il premier ungherese Viktor Orban ha visitato la capitale georgiana assicurando che il voto è stato perfettamente regolare e accusando una volta di più l'Unione europea, contribuendo ad alimentare il caos.

Non si fermano le manifestazioni davanti al Parlamento georgiano con in prima fila la presidente Salome Zurabishvili, per chiedere la ripetizione delle elezioni con osservatori stranieri imparziali per evitare brogli e falsificazioni che sembrano ampiamente dimostrate. Non dimostrato ma clamoroso è anche un documento spuntato sul Web in cui in alcune circoscrizioni ci sarebbero stati più voti che aventi diritto, con un successo schiacciante proprio del partito al potere, sogno georgiano, vicino alla Russia di Putin. «Non abbiamo perso le elezioni, hanno rubato i nostri voti, hanno rubato il nostro futuro», ha detto il capo di Stato. Ma Orbán, più volte accusato a sua volta di vicinanza alla Russia, sbarca a Tbilisi e si complimenta con i presunti vincitori delle elezioni. «Sono state libere e democratiche», ha detto il premier ungherese. «La Georgia ha scelto di non diventare una seconda Ucraina ora siete anche voi dalla parte della pace come l'Ungheria», ha aggiunto, facendo infuriare molti georgiani. «Voglio anche congratularmi con il governo georgiano che, mentre attua politiche filo europee, non consente al Paese di diventare una seconda Ucraina», ha aggiunto Orban per poi attaccare frontalmente Bruxelles e la Ue. «C'è una cospirazione aperta contro l'Ungheria guidata da Manfred Weber e dalla presidente von der leyen.

Hanno ammesso che il loro obiettivo è quello di sostituire il governo ungherese con un nuovo governo di yes-man, proprio come quello polacco attuale. Non permetteremo che ciò accada!», ha scritto sui social, rimarcando una volta di più la distanza dell'Ungheria dalle istituzioni europee.

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