Il vice di Alfano accusa: "I migranti delinquono meno degli italiani"

Dopo un'estate segnata da stupri, violenze e omicidi perpetrati da immigrati, Bubbico nega l'evidenza

Il vice di Alfano accusa: "I migranti delinquono meno degli italiani"

Al Viminale hanno sempre una parola buona per gli immigrati. Se non è Angelino Alfano ad aprire le porte del Paese ai nuovi arrivati, tocca a qualcuno dei suoi vice a esternare parole di conforto, spesso in spregio agli italiani. Da ultimo è toccato l viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. "Statisticamente rispetto agli italiani delinquono meno gli immigrati perché sono più controllati - ha detto intervenendo a Radio Anch’io, in diretta da Riccione per le Giornate del giornalismo - ovviamente, mi riferisco a coloro che sono inseriti nel circuito dell’accoglienza, migranti in attesa del diritto d’asilo".

Le parole di Bubbico fa quantomeno strabuzzare gli occhi. Se non peggio. Soprattutto se si considera quest'estate segnata da terribili fatti di cronaca nera, come il brutale omicidio dei due coniugi di Palagonia ad opera di un immigrato ospite del Cara di Mineo, e da numerose violenze sessuali, tre delle quali consumate proprio a Rimini (a pochi chilometri da dove si tengono le Giornate del giornalismo) e proprio da extracomunitari. Secondo Bubbico, invece, è la clandestinità che va colpita perché "è lì che si concentrano con maggiore rilevanza i fenomeni di delinquenza, i traffici più abbietti". Bisogna dunque partire "da questo dato" per "offrire un quadro di sicurezza più consapevole".

Intervenendo a Radio Anch’io Bubbico spiega che "la criminalità organizzata utilizza i migranti irregolari per i traffici più abbietti". A questo percorso ci arrivano "per questioni di sopravvivenza" cadendo così nella rete che va dallo sfruttamento del lavoro in agricoltura al traffico e allo spaccio di stupefacenti, alla prostituzione. Difficile mandare via gli irregolari perché, spiega Bubbico, "non sono identificabili, non ne conosciamo la nazionalità".

Il viceministro aggiunge che proprio nelle carceri "si realizzano le connessioni più pericolose tra i soggetti disperati e le organizzazioni criminali". È necessario "offrire una risposta concreta". Che significa in sostanza, "sottrarre queste persone dal controllo della criminalità organizzata".

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