"Vietato finanziare i rimpatri". Il via del governo porti aperti

Nel primo Cdm impugnata la legge del Friuli Venezia Giulia: discrimina gli stranieri. Fedriga: "Vergognosi"

"Vietato finanziare i rimpatri". Il via del governo porti aperti

Il primo atto del governo giallorosso mette nel mirino una legge regionale del Friuli Venezia Giulia perché considerata discriminatoria nei confronti dei migranti. Appena concluso il giuramento al Quirinale il consiglio dei ministri nella sua prima seduta dà il segnale del «nuovo corso». Impugna, su proposta del neo ministro degli Affari regionali del Pd Francesco Boccia, il provvedimento numero 9 del 2019 della regione a guida leghista del fedelissimo di Salvini, Massimiliano Fedriga. Ci sono alcune disposizioni ritenute discriminatorie nei confronti degli stranieri e che travalicano le competenze statali in materia di immigrazione, lavoro e salute.

Oggetto del braccio di ferro lo spostamento dei fondi previsti per l'accoglienza diffusa al fondo rimpatri volontari, quattro milioni di euro per rimpatriare i migranti destinatari di decreti di espulsione. Un'altra norma impugnata prevede incentivi per le assunzioni destinati a chi risiede in Friuli Venezia Giulia da almeno cinque anni. Anche questa considerata discriminatoria nei confronti degli stranieri.

«È una vergogna assoluta - ha replicato il governatore Fedriga - Il Movimento 5 Stelle e il Pd hanno già partorito il governo dell'immigrazione selvaggia. Questo è un segnale molto chiaro: un attacco alle autonomie. Difenderemo le nostre norme davanti alla Corte Costituzionale».

In verità, fa notare l'ex presidente, la piddina Debora Serracchiani, il dossier per arrivare a impugnare quella legge era già stato avviato dal governo precedente, dal Mise guidato allora da Luigi Di Maio. «Fedriga telefoni al suo ex vicepremier in vacanza in Trentino e gli chieda com'era stata fatta dal suo governo l'istruttoria che ha portato oggi all'impugnazione della legge regionale. Dovrebbe sapere che questi non sono atti che si costruiscono in un solo giorno», precisa la dem.

Ma i veri provvedimenti sulla lista nera dei giallorossi sono i due decreti Sicurezza di Salvini: da smontare subito. Se da un lato Di Maio aveva ribadito che la ratio delle leggi che ha «chiuso i porti» non si tocca, dall'altro la revisione delle norme è il primo obiettivo dei dem che confidano nel ministro Luciana Lamorgese, che avrebbe il compito di «normalizzare» il Viminale. Il famoso cambio di passo.

«Si partirà dai rilievi già espressi dal Quirinale», avevano assicurato dal Movimento. I rilievi sono soprattutto due. Le multe alle ong in caso di violazione del decreto stesso, considerate «sproporzionate» dal Colle rispetto alla prima versione del decreto sicurezza: l'importo è aumentato da 150mila euro fino ad arrivare a un milione. E poi va ribadito che le persone in mare vadano salvate sempre e comunque. Mattarella infatti aveva ricordato l'obbligo di rispettare i trattati internazionali, a partire dalla convenzione di Montego Bay, che prescrive che «ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizione di pericolo».

Una decisa

inversione di rotta rispetto alla linea tutta «pugno di ferro e porti chiusi» di Salvini. Che attacca: «Il governo Pd-M5s ha avuto un bell'esordio. Ci prepariamo a un autunno di battaglia pacifica, democratica ma determinata».

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