La villa, il mutuo e il prestito: la bufera giudiziaria su Renzi

Nel mirino dei 700mila euro prestati per la casa. Si muove l'antiriciclaggio. Ma Renzi assicura: "È tutto regolare". E querela

La villa, il mutuo e il prestito: la bufera giudiziaria su Renzi

Chi ha dato i soldi a Matteo Renzi per comprasi la villa che fu della famiglia Puccini? È anche a questa domanda che i pm della procura di Firenze stanno cercando di rispondere. L'acquisto dell'immobile, oltre 275 metri quadrati di salotti, camere, bagni e terrazze con altri 1.600 metri quadrati di giardino intorno, è finito nelle carte dell'inchiesta sulla Fondazione Open che, dopo aver visto indagato il presidente Alberto Bianchi, si è abbattuta sugli imprenditori che per anni hanno finanziato l'ex premier dalla sua ascesa nel Partito democratico al referendum costituzionale del 2016. Parte di quei soldi, come anticipato ieri dall'Espresso, sarebbero andati a coprire proprio l'acquisto dell'immobile nella prestigiosa Pian de' Giullari.

Il mutuo per comprare la villa

"Il Pd chieda al suo ex segretario Renzi spiegazioni sulla Fondazione Open. Io mi auguro che non ci sia nulla di irregolare, ma ormai il danno è fatto". Parlando con Repubblica, l'ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti mette Renzi con le spalle al muro e non gli lascia ampi margini di manovra. "Se guidi un partito, se poi vai a Palazzo Chigi, e se hai una Fondazione per la tua attività politica, una spiegazione ci vuole". All'ondata di accuse, però, l'ex premier replica alzando un muro insormontabile e minacciando una raffica di azioni civili con cui si pagherà il suo "meraviglioso mutuo da un milione di euro". Nelle prossime ore presenterà, infatti, due denunce penali e due denunce civili contro chi ha violato il segreto bancario e contro chi oggi ha scritto "delle cose incredibili" sul suo conto. Nell'inchiesta sulla fondazione nata nel 2012 per sostenere le sue iniziative politiche (tra cui anche la Leopolda) e usata, secondo gli inquirenti, come "cassaforte" fino al 2018, quando l'avvocato Bianchi l'ha chiusa, è infatti finito il "prestito" per l'acquisto della villa di via Pietro Tacca, a pochi passi da piazzale Michelangelo.

Il prestito da 700mila euro

"Ho chiesto un prestito a un carissimo amico perché per cinque mesi non avevo quella disponibilità", ha spiegato questa mattina lo stesso Renzi ai microfoni di Radio Capital. "Che però questa roba esca in questo modo, come avvertimento dopo quello che ho detto sul vulnus alla democrazia, dovrebbe farvi sobbalzare, perché non ho fatto niente di illegale. Di che cosa stiamo parlando?". Gli inquirenti, però, non la pensano così. A suo tempo, infatti, era stato detto che un mutuo acceso con il Banco di Napoli era servito a coprire 900mila euro. L'immobile, però, gli era costato 1,3 milioni di euro. E ora si parla di un "prestito anomalo". Il punto è capire chi glielo ha fatto. Secondo L'Espresso, arriverebbe dai fratelli Maestrelli, già finanziatori della Fondazione Open, che attraverso il conto dell'anziana madre Anna Picchioni gli hanno permesso di coprire la caparra di 400mila euro con quattro assegni da 100mila euro l'uno. Un'altra ipotesi, come spiega Fabrizio Boschi sul Giornale oggi in edicola, potrebbe essere che il leader di Italia Viva abbia prelevato i soldi "direttamente dalle casse della Fondazione Open".

La nomina dell'amico-finanziatore

Ai microfoni di Radio Capital Renzi ha assicurato che quanto fatto è "tutto regolare trasparente". Un prestito da "un carissimo amico", appunto. "Niente di illegittimo, c'è un atto formale, una scrittura privata, un bonifico". Eppure, come riporta il Corriere della Sera, questa operazione è stata segnalata già un anno fa dall'Unità antiriociclaggio (Uif) come "sospetta". Nello stesso calderone sarebbero poi finiti pure gli accertamenti sulle carte di credito messe a disposizione della fondazione Open a parlamentari come Luca Lotti, Maria Elena Boschi e Marco Carrai. E non solo.

Nel mirino degli inquirenti ci sarebbe, infatti, anche la nomina di Riccardo Maestrelli nel consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti. A farla, nel 2015, era stato nominato proprio dal governo presieduto da Renzi.

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