Le violenze, il bersaglio e il sogno "X Factor": nella mente di Moussa, il killer senza un perché

Sangare in lacrime. I militari: "Manifesta instabilità". Le denunce per maltrattamenti. In casa trovata una sagoma che colpiva con i coltelli. Le collaborazioni con i rapper

Le violenze, il bersaglio e il sogno "X Factor": nella mente di Moussa, il killer senza un perché
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La banalità del male. Moussa Sangare è un trentunenne di origini maliane che porta a spasso il suo delitto apparentemente insensato con una disinvoltura impressionante. Nelle lunghe ore al comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, dove è arrivato da testimone giovedì mattina e da dove è uscito ieri come reo confesso per finire in una cella singola nel carcere di Bergamo (l'interrogatorio di convalida dovrebbe svolgersi lunedì), si lascia andare a qualche pianto, prova a dirsi dispiaciuto, ma non sembra sconvolto, non sembra consapevole davvero di quello che ha fatto. E anche la parola dispiacere sembra assolutamente inadeguata per quanto ha compiuto nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d'Isola. Ci si dispiace per un appuntamento mancato, ci si dispiace per una frase inopportuna, non per una giovane vita interrotta. Insomma, come colpevole del giallo dell'estate Moussa è un bel po' deludente, perché non riesce a fornire al nostro bisogno di un perché nessun tipo di soddisfazione.

La sua è una storia senza appigli, almeno per quello che sappiamo. Non ci sono motivazioni terroristiche, religiose, di disagio sociale in quello che ha fatto. Anzi, come racconta un ex compagno di scuola, «due giorni dopo l'omicidio abbiamo fatto una grigliata insieme, con altri amici».

Certo, Sangare è un disoccupato, è nato a Milano da una famiglia di origini maliane, nel cuore dell'Africa subsahariana, ma la sua non sembra una vita di rabbia e di stenti. Certo, viveva in una casa occupata a Suisio, in provincia di Bergamo, a un pugno di chilometri da Terno d'Isola, il paese di Sharon Verzeni, ma questo non sembra giustificare quell'«impulso ad accoltellare qualcuno» di cui ha parlato e che pedalava con lui quella notte incontro a Sharon, che ha avuto la sola colpa di essere quel qualcuno. Sangare sembrava apparentemente avere sogni normali. Un suo conoscente di Susio un po' più giovane di lui ieri ai cronisti lo descriveva come «un ragazzo sorridente, integrato nel paese», che «cantava, voleva fare il cantante, aveva fatto il provino a X Factor». Ha anche collaborato con dei rapper, Moussa: con il rapper Izi, pseudonimo di Diego Germini, ha cantato nel brano «Scusa» parole che sembrano profetiche: «Scusa se non riesco mai a cambiare/E non ho soldi per portarti al mare/Scusa se non sono quello che che volevi te/Ma non so lasciarti andare/Scusa se la mia vita è scritta male/E sbaglio sempre sul finale/Ancora scusa, scusa/Forse è troppo tardi, ma ti chiedo scusa».

Ma oltre che per la musica, Sangare sembra avere una vera passioni per le armi da taglio. Di più, un'ossessione. Con un coltello aveva tempo fa minacciato la sorella e forse anche la madre, episodio per il quale è tuttora indagato dalla procura orobica, anche se formalmente risulta ancora incensurato. E dopo quell'episodio non viveva più con le due donne, ma era finito in una casa occupata dove ieri i Carabinieri hanno sequestrato un cartone-sagoma con sembianze umane «utilizzato come tiro al bersaglio» per il lancio di coltelli. Nella loro informativa i Carabinieri lo descrivono come un soggetto con «manifesta instabilità».

Di disturbi psicologici se non psichiatrici nessuno però ha indizi. Non i procuratori di Bergamo, che ieri ai cronisti dicevano: «Non siamo psichiatri». Non pare nemmeno che il giovane avesse dipendenze di qualsiasi tipo.

Durante le numerose ore in caserma, spiegano i magistrati, «non si è mai notato un atteggiamento che facesse supporre che il suo comportamento fosse alterato da alcolici o altre sostanze». E la sua ricostruzione sarebbe stata lucida e precisa. La banalità del male, appunto.

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