Gli stupratori di Capodanno sono figli dello ius sanguinis. Nuovi italiani che hanno acquisito la cittadinanza al raggiungimento della maggiore età (quindi da pochissimo), ma immigrati di seconda generazione figli di quell'insofferenza sociale tipica delle periferie francesi.
La storiaccia del San Silvestro milanese, insomma, è a tutti gli effetti una anticipazione di un fenomeno che l'Italia conosce ancora poco ma che è ben visibile, da almeno un paio di generazioni, nella realtà transalpina: ragazzi legalmente italiani ma mai davvero integrati nel tessuto sociale del Paese o addirittura più attaccati a precetti culturali, sociali e religiosi delle realtà di provenienza dei genitori.
Mettendo ordine nei raid di Capodanno, infatti, si scoprono infatti diversi malfunzionamenti (da tempo palesi ma sottaciuti dalle forze politiche progressiste) del sistema di accoglienza e di integrazione messo in piedi dall'Italia. Gli autori del primo attacco, quello alle due studentesse tedesche di 20 e 21 anni che si sono ritrovate spintonate contro le transenne e palpeggiate, sono egiziani in attesa di riconoscimento dello status di rifugiati, beneficiari di permessi di soggiorno di lungo periodo o per motivi familiari, e addirittura irregolari.
Ma sono i protagonisti del secondo raid, con vittima una diciannovenne lombarda circondata e quasi spogliata nelle aiuole tra via Mazzini e via Mengoni, a riaccendere il dibattito intorno allo ius soli e sulla cittadinanza "per diritto di nascita": a colpire sono stati 13 giovani, almeno dieci dei quali nati a Torino da genitori italiani o immigrati dal Nordafrica e arrivati in comitiva per trascorrere il Capodanno in Duomo: il più giovane ha 15 anni, il più grande 23. I maggiorenni, dunque, al compimento del diciottesimo anno di età hanno avuto accesso alla cittadinanza secondo la legge n.91 del 5 febbraio 1992, successivamente modificata dalla legge 94 del 2009, e ulteriori regolamenti. Il cosiddetto ius sanguinis.
Alcuni di loro sono anche tra i protagonisti del terzo raid, quello effettuato in Galleria Vittorio Emanuele poco prima dell’una, con una diciannovenne milanese rapinata di cellulare e borsetta e palpeggiata.
Paura e delirio a Milano, insomma, su modello francese. L'esempio transalpino, evidentemente, non ha insegnato nulla alla politica italiana se è vero che, non paghi del fatto che le normative attuali prevedono già, com'è evidente anche da questo caso di cronaca, larghissime maglie per la concessione di permessi e addirittura di cittadinanza a profili mai davvero integrati, e probabilmente mai davvero integrabili, alcune testate giornalistiche si sono affrettate a definire le gang "solo" figlie delle realtà difficili delle periferie (il riferimento in questi casi è alle torinesi Barca e Bertolla). Omettono di dire che proprio in quelle periferie si concentrano, senza controllo, moltissimi immigrati, regolari o irregolari, i cui figli, nati in Italia, saranno virtualmente cittadini italiani appena diventati maggiorenni.
E a riprova del fatto che culturalmente la loro vicinanza ideale resti quella d'origine più che quella italiana, lo dimostra il fatto che a loro per le violenze di Capodanno si sono aggiunti altri egiziani, residenti in Lombardia chiamati a dare manforte: un irregolare già colpito da decreto di espulsione, un ventenne della bergamasca e un diciottenne domiciliato in un centro d’accoglienza.
Ma alla sinistra non basta, e chiede di tirare dritto su ius soli (in base al quale acquisisce la cittadinanza chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio) e ius
culturae (diventa italiano un minore figlio di genitori stranieri che dichiara questa sua volontà espressa da un genitore dopo aver frequentato una scuola, elementare, media o superiore). Il modo più rapido per suicidarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.