Visita a Kiev e 30mila soldati. Le mosse pro-Ucraina dell'Ue

Lunedì l'arrivo di von der Leyen e Costa, Macron andrà a Washington. La proposta di Londra: un contingente europeo per il cessate il fuoco

Visita a Kiev e 30mila soldati. Le mosse pro-Ucraina dell'Ue
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Le due potenze nucleari europee preparano le valigie per Washington; i due volti del governo dell'Ue, invece quelle per Kiev. Lunedì sarà infatti il giorno del terzo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, e Von der Leyen e Costa, presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, non possono fare molto di più in attesa di una riunione straordinaria a 27 con i capi di Stato e di governo, se non cercare d'allontanarsi quanto più possibile dalla polemica con Trump ribadendo anche fisicamente la vicinanza comunitaria a un Zelensky picconato dal tycoon.

L'Ue, che non ha indicato un inviato unico per l'eventuale tavolo di pace, torna così a essere solo un continente, l'Europa; proprio come l'Amministrazione americana l'intende. Entità geografica, non «politica». Vista l'urgenza, e le ipotesi di ridimensionamento delle truppe americane sul fianco Est, in campo tornano i leader: per ora, i due che vantano una capacità militare che assieme conta circa 515 testate nucleari attive. Le atomiche di Londra e Parigi danno più sostanza rispetto all'azione di 27 Paesi incapaci di armonizzare i propri sistemi d'arma e di dar vita a un esercito comune europeo.

Duro da accettare, per Bruxelles. Ma è la coda lasciata dal doppio vertice all'Eliseo orchestrato da Macron. Dalla Commissione, vista con snobismo dal tycoon, ci si limita a dire che «Zelensky è stato legittimamente eletto in elezioni libere, corrette e democratiche» e che «l'Ucraina è una democrazia, la Russia di Putin no». Echi analoghi dal cancelliere tedesco Scholz, dal premier spagnolo Sánchez e dall'inquilino dell'Eliseo. Si prova così a superare la polemica a distanza tra Vecchio e Nuovo Continente dosando diplomazia e deterrenza. Duplice il messaggio che il presidente francese e il premier britannico recapiteranno alla Casa Bianca a The Donald: caro Trump, abbiamo un piano franco britannico per spedire «30mila soldati di peacekeeping» utile a garantire il processo di pace che stai scrivendo. Ma l'America deve dare all'Europa (e all'Ucraina) varie garanzie. Come uno scudo aereo.

Ieri anche il segretario generale Nato, Rutte, è intervenuto per dar corpo all'azione: qualunque impegno europeo «avrà comunque bisogno della copertura americana», anche se gli Usa non dovessero mettere i boots on the ground. Da Rutte una dura reprimenda agli europei: si organizzino per i negoziati, invece di lamentarsi. Il commissario Ue alla Difesa, il lituano Kubilius, a Le Monde evocava intanto il rischio che Putin possa «testare militarmente» l'Ue «entro il 2030». L'altro obiettivo delle tappe di Macron (lunedì) e di Starmer (giovedì) interessa da vicino gli alleati Nato, in particolare Paesi baltici e del nord: convincere il presidente americano a non cedere alla richiesta che sarebbe giunta da Mosca nel «pourparler» ospitato a Riad, di un ritiro Usa dal fianco orientale, citata dal Financial Times. L'America avrebbe respinto l'ipotesi, ma il timore è che Trump possa accoglierla per giungere a un accordo con Putin. Macron ieri ha anticipato quale sarà la chiave per portare The Donald a più miti consigli. «Gli dirò: non puoi essere debole davanti a lui, non è il tuo marchio di fabbrica, come essere credibili con la Cina se sei debole con Putin?». Poi la rassicurazione ai francesi via social: «Nostre truppe non domani, ma una volta che la pace sarà negoziata». E su quali strumenti siano più utili al per farlo, l'Ue torna a dividersi.

Ennesima crepa, ieri, sul sedicesimo pacchetto di sanzioni da infliggere a Mosca promosso da Von der Leyen e da formalizzare lunedì: «L'Ungheria non sosterrà l'estensione, serve dare tempo ai colloqui Usa-Russia», è lo sgambetto di Budapest.

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