
Poroshenko, Zaluzhny e Zelensky, a meno di clamorosi colpi di scena sarà questo il tris, in rigoroso ordine alfabetico, proposto agli elettori ucraini nel caso in cui si tornasse alle urne. Zelensky avrebbe dato istruzioni per avviare i preparativi per il voto e di procedere velocemente per lasciare poco tempo all'opposizione di organizzarsi. Il 5 maggio la Verkhovna Rada, il parlamento di Kiev, dovrà decidere se estendere o meno la legge marziale introdotta dopo l'inizio dell'invasione russa, legge che ha consentito all'attuale presidente di rimanere in carica nonostante il mandato scaduto nel maggio 2024. I regolamenti richiedono 60 giorni per la campagna elettorale, ma ci vorranno almeno tre mesi per aggiornare i registri elettorali. Si arriverebbe così all'estate, con una serie di problemi da risolvere: tanto per cominciare le difficoltà di carattere logistico e giuridico della questione del voto nelle regioni occupate. Un problema che si presenta anche per i milioni di ucraini che vivono all'estero, e per i soldati al fronte, che potrebbero scegliere il nuovo presidente attraverso un'app governativa. Senza dimenticare le ingerenze russe, già emerse nei processi elettorali di Romania e Moldova.
Zelensky in un primo tempo aveva lasciato intendere di voler salire sull'Aventino, ma di recente ci ha ripensato. Il tasso di approvazione non è sicuramente quel 4% dichiarato a febbraio da Trump, ma non partirebbe con i favori dei pronostici. Nonostante i sondaggi in tempo di guerra lascino il tempo che trovano, è evidente che non goda più della stima plebiscitaria emersa nei primi mesi dell'invasione. Se inoltre dovesse risultare un ostacolo alle trattative sulle terre rare, verrebbe messo di fronte al fatto compiuto da Trump.
Uno dei nomi più spendibili è quello di Valery Zaluzhny, ex capo delle forze armate, giubilato da Zelensky e spedito a Londra a ricoprire il ruolo di ambasciatore. L'ex generale sostiene che bisogna «lavorare per salvare il Paese e non pensare alle elezioni», ma è l'uomo che piace anche all'amministrazione Usa. Discorso a parte per Petro Poroshenko, leader del partito di opposizione Solidarietà europea, presidente tra il 2014 e il 2019, e colpito da un procedimento penale di tradimento (ma non condannato) per aver stretto legami economici con i separatisti del Donbass.
Poroshenko ha parlato di «processi politici» portati avanti da Zelensky per rafforzare la propria leadership. Messo da tempo in naftalina, negli ultimi mesi è tornato a parlare sui giornali. Un'esposizione mediatica dettata dal desiderio di rimettersi in gioco.
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