Il voto su Bonafede agita i giallorossi. Appelli 5s a Renzi: riaprire il dialogo

Mercoledì al Senato si può andare sotto soglia 156: solo l'astensione di Iv può salvare Conte. I grillini aprono spiragli, l'ex premier compatta i suoi. Tabacci: "Serve un nuovo governo"

Il voto su Bonafede agita i giallorossi. Appelli 5s a Renzi: riaprire il dialogo

La dead-line per la maggioranza è fissata mercoledì, ovviamente in Senato.

Quel giorno, in entrambi i rami del Parlamento, si voterà sulla cosiddetta relazione sullo stato della giustizia (pessimo, questo si sa anche senza relazioni) che verrà svolta dal Guardasigilli Bonafede. Quel voto è considerato il test più rischioso e l'ultima data utile a Conte per dimostrare di avere una qualche maggioranza a sostegno del suo governo. Test rischioso perché il grillino Bonafede, con la sua linea grossolanamente forcaiola, è giudicato malissimo non solo nelle opposizioni, ma anche in buona parte della maggioranza. Matteo Renzi lo ha messo nel mirino dall'inizio del Conte bis, la battaglia di Italia viva contro la rozza abolizione della prescrizione varata dall'esecutivo è stata uno dei momenti di massima crisi per la maggioranza, con vaste aree di dissenso anche dentro il Pd. Ecco perché il voto spaventa, e più che i voti contrari alla relazione di Bonafede spaventano i non voti: diversi «nuovi acquisti» che hanno votato la fiducia a Conte martedì sarebbero in enorme imbarazzo a votare per Bonafede, e potrebbero ricorrere alla scappatoia di dileguarsi dall'aula: dal socialista Nencini alla ex pasionaria berlusconiana Rossi fino a Sandra Lonardo. «Mia moglie è molto perplessa su Bonafede, non le piace il giustizialismo estremo. Non voterà contro, ma a favore non so...», conferma il marito Clemente Mastella. Ma se quel pugno di voti venisse a mancare, con la certezza che mancheranno praticamente in toto i 18 voti di Italia viva, i numeri di Conte precipiteranno ben al di sotto della soglia minima di sopravvivenza.

Il sospetto che Conte abbia capito che le possibilità di restare in sella sono esigue, e che quindi punti al «muoia Sansone» (elezioni anticipate con lui alla testa di M5s o di una sua lista raccogliticcia, e comunque candidato premier della improbabile coalizione giallorossa) ha scatenato nelle ultime ore il panico nelle file grilline. Senatori e deputati pentastellati stanno scoprendo non solo di essersi tagliati gli attributi da soli, con la riforma che ha tagliato i parlamentari e dunque le loro possibilità di rielezione, ma anche che sia il premier che lo stato maggiore grillino a lui fedele sono a buttarsi su una zattera di salvataggio elettorale lasciandoli affogare nei flutti. Ecco perché, proprio mentre da Palazzo Chigi arriva il veemente diktat «mai più con Renzi», e il prode Di Battista (che non vede l'ora che si voti per avere di nuovo uno stipendio da parlamentare) fa eco, in casa grillina ci si aggrappa invece alla speranza che il Rottamatore ci ripensi e torni in maggioranza: «Con Italia viva abbiamo sempre lavorato bene, bisogna riaprire il dialogo con loro», dice il deputato Trizzino, a nome della base parlamentare. Matteo Renzi, intanto, si adopera per tenere unito il suo gruppo di senatori, che - fuori dalla maggioranza - sta togliendo ogni ossigeno al Conte bis, essendosi finora dimostrato impossibile sostituirlo. Fa sottoscrivere a tutti loro un documento pieno di parole suadenti e assicurazioni di disponibilità alla trattativa verso la maggioranza, chiedendo una «soluzione di ampio respiro» alla crisi. Il pressing su Renzi è fortissimo: sia da un ampio fronte del Pd che dai Cinque stelle disperati arriva sotterranea la supplica di ripensarci. I maître-à-penser contiani tipo Marco Travaglio puntavano tutte le loro speranze sul ruolo salvifico di Silvio Berlusconi, auspicando una sostituzione di Renzi con Fi.

Ma «il Cavaliere ha bloccato tutto», spiegano in maggioranza, e ora i renziani restano gli unici in grado di salvare la baracca: «Astenetevi su Bonafede, e a quel punto riapriamo la trattativa sul governo», è il messaggio arrivato dai pontieri dem. Anche passando per quel che Conte non vuole assolutamente: le sue dimissioni. Lo dice persino Tabacci, che lavora pancia a terra per rimediare voti al premier: «La soluzione passa solo per un governo nuovo».

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