Abbiamo assistito per mesi a dichiarazioni dem sul cosiddetto “campo largo”: se inizialmente nessuno capiva bene cosa significasse concretamente per Letta, probabilmente oggi anche al segretario del Pd sono sorti gli stessi dubbi. L’apertura progressista tanto osannata dal partito dei buoni propositi si è tradotta in una confusa, caotica e incomprensibile accozzaglia di pezzi storici della politica e profughi delusi approdati nel grande calderone che, fino a non troppo tempo fa, ripudiavano come la peste. “Nel dubbio, non si dice no a nessuno”: questo in sostanza è ciò a cui stiamo assistendo nel coloratissimo mondo del centrosinistra che, tra tentativi più o meno goffi, più o meno imbarazzanti, cerca smodatamente di abbracciare quanto più consenso possibile.
Se però il “campo largo” è ormai passato, si fa strada tra tutti quei politici in bilico la nuova ossessione del “voto utile”. Una litania sentita e risentita ma che, all’occorrenza, non passa mai di moda. Ed è così che diventa la parola d’ordine dei poco più dei 50 giorni che ci dividono dalle urne. Interessante come le varie parti di quella zuppa cucinata ad hoc per l’occasione usino, in modo uguale e a ripetizione, lo slogan.
Da ciò che rimane dei grillini è infatti il leader del Movimento, Giuseppe Conte che a gran voce sostiene: "Unico voto utile è al M5S". ma anche Renzi e Italia Viva si fanno avanti: "Il terzo polo, che siamo noi, è l’unico voto utile". Per passare poi al Pd che afferma: "È ora delle alleanze, non delle ripicche". E su quest’ultima affermazione, ai dem non possiamo dare torto: per quanto riguarda le alleanze abbiamo chiaramente notato come siano disposti ad unirsi anche ai vicini di condominio pur di non naufragare nella solitudine elettorale.
Ma, questo osannato voto utile cos’è? Per definizione è semplicemente la scelta del candidato che si ritiene possa vincere, invece che al candidato più gradito. Un invito a stare lontano dai personalismi, quindi, in nome del bene del paese. In teoria questa la strada del csx, in pratica una lotta fratricida proprio all’interno di quelle formazioni politiche che si sono sgretolate in mille pezzi sotto gli occhi di tutti.
E le dichiarazioni sono la dimostrazione. "Rottura irreversibile con i 5 Stelle", chiosa proprio Letta aggiungendo: "Avevo detto a Conte: se prendete una decisione di questo tipo, questa sarà la conseguenza e siamo lineari con questa scelta". Ma la scaramuccia continua e l’avvocato del popolo replica: "Il Pd arrogante, i veri progressisti siamo noi". E anche colui che si pone oggi come nuovo outsider della politica italiana, Carlo Calenda, dopo aver accolto le ministre azzurre a braccia aperte – nonostante gli inizi poco eleganti – è chiaro (si fa per dire) sulle sue decisioni: “Non possono chiederci di votare Di Maio”.
Insomma, se il centrodestra riceve, e non è una novità ormai, critiche pesanti e accuse di complotti frutto di criminologi improvvisati, non si può negare che un accordo l’ha trovato e in vista della breve e difficile campagna elettorale ha assunto la sua posizione unita e compatta. Certo non si può dire la stessa cosa della sinistra, piombata nel panico più profondo in vista delle elezioni anticipate e completamente inadeguata oggi a lavorare per un fronte comune. Se parlare di “voto utile” – pensa probabilmente il centrosinistra – può restituire un po’di credibilità politica, il tutto si scioglie come neve al sole di fronte a un circo in cui tutti contro tutti vogliono essere protagonisti. Una lotta alle poltrone: banale da dire, facile da pensare e difficilissimo da realizzare per il fronte dem.
Ed è proprio tra loro, infatti, che si crea un’ulteriore spaccatura che getta ancora più benzina su quel fuoco che sta annientando la credibilità e la fiducia dell’ex primo partito d’Italia. Tra i parlamentari uscenti sono infatti diverse le riconferme già effettive avanzate dalle direzioni provinciali del Pd e, proprio per questo, a livello territoriale si è creato un importante malumore "sugli accordi già stretti e in particolare sulle promesse dai dem", dichiara un esponente Pd. "Si rischiano di sacrificare candidature nostre eccellenti, personalità di esperienza, per fare posto a chi non si sa bene quanti voti porti", continua. Le ultime indiscrezioni, come riferisce anche Adnkronos, parlano infatti di uno schema che vedrebbe un paio di eletti sicuri nei listini per i socialisti, come per Demos e per Articolo 1 che si aggiudicherebbe ben 5 posti.
Non c’è da stupirsi, nelle prossime settimane "vale tutto".
E se il caos regna sovrano, l’unica cosa lampante è la totale incapacità di quel fronte che per anni ha governato il paese ma che, ancora, appare inesperto e pronto a tutto per soddisfare i propri interessi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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