«La questione giustizia non è secondaria o tecnica, ma è un pezzo fondamentale del problema Italia degli ultimi 30 anni». Ne è fortemente convinto il politologo Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government, che, a 24 ore dall'apertura dei seggi, descrive così il clima che ha preceduto il voto sui cinque quesiti referendari sulla giustizia.
Perché è importante andare a votare?
«È importante andare a votare perché il tema dei rapporti fra politica e giustizia è uno dei temi cruciali degli ultimi 30 anni. Si può, magari, sostenere che non fosse opportuno fare il referendum ma nel momento in cui il referendum c'è, è importante votare».
Quanto hanno inciso le rivelazioni sul sistema Palamara sull'opinione pubblica?
«Hanno inciso, però non enormemente. Sicuramente hanno contribuito ad abbassare la credibilità della magistratura agli occhi degli italiani. Hanno creato una sorta di sensazione diffusa che anche la magistratura sia un corpo rovinato e che anche delle istituzioni giudiziarie non ci si possa fidare».
Dal 1993 a oggi la magistratura sembra aver superato i propri confini. Se passassero i referendum, vi sarà un riequilibrio dei poteri?
«Sarebbe un passo in avanti, ma è chiaro che ci sarebbe da fare un lavoro molto più sistematico di riordinamento. La direzione è quella di riportare un pochino la magistratura sotto controllo».
Anche molti amministratori locali di centrosinistra voteranno per l'abolizione della legge Severino. Quali le principali storture di quella legge?
«Il referendum eliminerebbe completamente l'incandidabilità dei condannati, mentre si dovrebbe eliminare l'incandidabilità di chi non è stato condannato in via definitiva».
La riforma Cartabia risolverebbe, almeno in parte, i temi posti dai quesiti referendari?
«Su alcuni aspetti come la
separazione delle carriere, la riforma Cartabia fa un passo nella stessa direzione del referendum. Un passo meno radicale, però pur sempre un passo in quella direzione. Anche in questo caso credo ci sia bisogno di molto di più».
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