Vorrebbe tornare in Gambia, il suo paese d'origine, che aveva lasciato più di un anno fa per raggiungere l'Italia. Ma il 29enne richiedente asilo che vive a Rimini dopo essere arrivato con un barcone sulle coste della Sicilia non può essere rimpatriato. È senza passaporto e il suo Paese non ha ancora riconosciuto la sua identità dando il via libera al rimpatrio. «Il paradosso - dice il vicesindaco di Rimini Gloria Lisi - è che non riusciamo ad accontentare i migranti. Il famoso decreto Salvini, che doveva rendere più facili i rimpatri, in realtà non aiuta affatto». Il gambiano «sta dando segnali di squilibrio psichico e insofferenza perché non sopporta più la situazione». La sua è solo una delle tante storie rappresentative di quante difficoltà ci siano ancora nei rimpatri che pure sono stati una promessa di tutti i governi. Mancano accordi bilaterali di riammissione efficienti con numerosi paesi africani che consentano procedure rapide per riportare i migranti che non hanno diritto alla protezione internazionale in Italia o che volontariamente come in questo caso vorrebbero farvi ritorno. La macchina diplomatica si inceppa spesso anche con Paesi come Tunisia, Marocco, Nigeria ed Egitto che pure sono quelli con cui i rimpatri sono più efficienti. Con gli altri con cui non ci sono accordi ufficiali l'iter rischia di bloccarsi con lungaggini che vanno oltre i sei mesi costringendo le autorità nei centri permanenza e rimpatri (Cpr), dove sono trattenuti i migranti da espellere, a consegnare loro un foglio di via di sette giorni che non verrà mai rispettato.
E il Gambia è uno dei Paesi più problematici per quanto riguarda le riammissioni: a differenza di Egitto, Tunisia, Marocco e Nigeria, esiste solo un accordo di polizia di tipo amministrativo e provvisorio. Soggetto a continue interruzioni nella sua efficacia. Tanto che a marzo 2019, un documento ufficiale del consolato del Gambia in Italia a cui il Giornale ha avuto accesso, riportava testualmente lo stop a qualsiasi riconoscimento di migranti da rimpatriare. Infatti per rimandare le persone nei loro paesi d'origine l'Italia deve necessariamente ottenere dai consolati di quel Paese il «nulla osta» per il passaporto per ciascun migrante. Ebbene il 12 marzo 2019 si legge nel documento, «il Governo della repubblica del Gambia ha sospeso temporaneamente l'accettazione dei rimpatri coattivi e di quelli volontari di migranti gambiani eseguiti da governi degli stati Ue, tra cui l'Italia. Conseguentemente questa cancelleria - continua il documento - non emetterà nuovi passaporti di emergenza a nome dei deportandi e quelli in precedenza emessi per rimpatri non ancora eseguiti dovranno essere restituiti a questo consolato.
Tale decisione del governo del Gambia è stata determinata per evitare il degenerare del forte impatto sociale conseguente alle deportazioni eseguite nei mesi scorsi dagli stati europei tra cui l'Italia». Da quanto sappiamo mesi dopo quel documento le trattative erano ripartite, ma evidentemente gli intoppi ci sono ancora.
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