Zakaria e le chiavi rubate per sorprendere Sofia. L'ipotesi premeditazione

Il 23enne di origini marocchine si è appostato per controllare la ex fidanzata. Poi ha ucciso

Zakaria e le chiavi rubate per sorprendere Sofia. L'ipotesi premeditazione
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Uccisa nel sonno. L'aspetta sotto casa, nascosto tra le auto in sosta e il portone d'ingresso. Quando Sofia Castelli, 20 anni appena, arriva con un'amica, rimane ancora un po' al buio prima di salire al quarto piano della palazzina di corso Roma 100. Attende ancora che le due ragazze si addormentino, sfinite dalla serata passata in discoteca, per aprire la porta di casa con un mazzo di chiavi. Fa tutto nel massimo silenzio Zakaria Atqaoui, 23enne italo marocchino che con Sofia ha rotto da un paio di settimane. «O con me o con nessun altro» avrà pensato il killer quando entra in cucina in cerca di un'arma. Un appartamento che il giovane conosce bene, visto che da quando i genitori sono tornati in patria, la famiglia Castelli lo ospita a lungo accogliendolo come fosse un terzo figlio. Zakaria entra in camera da letto, sicuro di trovare la sua vittima. E la uccide con almeno 5 coltellate alla gola, secondo quanto referta il medico legale.

L'amica, in un'altra stanza, non si accorge di nulla. «Mi sono svegliata di soprassalto quando i carabinieri hanno fatto irruzione» racconta al magistrato che la interroga sabato pomeriggio. Un omicidio volontario che, alla luce delle indagini, è aggravato dalla premeditazione oltre che dai futili motivi. Questa l'accusa che dovrà essere convalidata questa mattina dalla Procura di Monza che ha aperto il fascicolo sull'ennesimo femminicidio commesso senza un perché. Restano dei nodi da sciogliere sulla tragedia che ha sconvolto Cologno Monzese e tutto l'hinterland milanese. L'arma del delitto è quella repertata, fra le altre cose, dagli esperti della scientifica? Ovvero un coltello da cucina ancora sporco di sangue, oppure Zakaria l'arma ce l'aveva con sé quando ha deciso di uccidere l'ex fidanzata? «Abbiamo sequestrato vari oggetti compatibili con il delitto - spiegano al comando provinciale dei carabinieri di Milano -, le indagini sono ancora in corso e aspettiamo i risultati di laboratorio». Un tassello che manca alla ricostruzione dell'omicidio di Sofia, l'arma, e che si aggiunge al mistero delle chiavi di casa Castelli. Zakaria, che aveva vissuto con i genitori della fidanzata, se n'era fatto una copia oppure aveva ancora il mazzo che usava quando era loro ospite?

Di certo la sera della mattanza Zakaria segue, attraverso le storie postate in diretta sui social, ogni movimento di Sofia. La «spia» passo passo nella discoteca di via Arcangelo Corelli, The Beach Club, mentre si diverte con le amiche. È certo che sta per rincasare quando, alle 5,58 di sabato, Sofia s'incanta con le luci dell'alba che riflettono su un edificio a pochi metri dal suo, al 20 di corso Roma, e scatta la sua ultima foto. Per la sua vendetta il 23enne aspetta ancora. Vuole essere sicuro di coglierla nel sonno, di non svegliare l'amica che dorme da lei. Un'ora, forse due, poi sale le scale, apre la porta senza forzarla, entra per ucciderla. Alle 9,30 è finito tutto e Sofia passa dal sonno alla morte forse, si spera, senza rendersene conto. La tragedia, dunque, si consuma in un lasso di tempo di tre ore e trenta, da quando Sofia è sicuramente viva a quando gli agenti della municipale vedono un giovane vagare in strada completamente sporco di sangue.

«Era stordito, girovagava senza meta, sconvolto - raccontano i ghisa di Cologno Monzese - diceva solo: Ho ammazzato una ragazza».

Basta poco per verificare che è tutto terribilmente vero. «Un giovane ragazzo molto provato spiega il suo legale, l'avvocato Marie Louise Mozzarini - Il mio assistito ha comunque risposto alle domande del magistrato ed è stato molto collaborativo».

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