
"Noi italiani non siamo capaci di fare le guerre, facciamo cagarissimo a combattere", ha detto Luciana Littizzetto in tv da Fabio Fazio, "sono più le volte che abbiamo perso. I nostri soldati ce li vedi a usare un bazooka, al massimo sanno giocare alla PlayStation". Sarebbe dovuta essere satira o, almeno, Littizzetto avrebbe voluto che lo fosse. Ma l'insulto a chi indossa un'uniforme, e così facendo si dichiara disposto a perdere la propria vita per salvarne altre, non lo è. E non lo è in Italia così come nel resto del mondo, dove i militari sono rispettati e amati. La miglior replica all'attrice arriva proprio da chi quell'uniforme la porta, l'ha portata o l'ha stirata perché il proprio figlio l'ha indossata. Sono le madri dei militari, gli ex militari e quelli ancora effettivi che non ci stanno a essere dipinti come degli scansafatiche da divano e PlayStation, quando solo loro sanno quello che hanno visto e vissuto negli scenari di tutto il mondo. Sono parole di orgoglio le loro, per l'uniforme che indossano, per la bandiera che proteggono, che rappresenta la Patria che amano, per il lavoro che fanno, per quello che hanno potuto fare per aiutare gli altri.
La lettera di un soldato italiano
"Cara signora Luciana Littizzetto, anche se non vorrei, le do del lei. Sono un militare dell'Esercito Italiano da 20 anni. Le voglio raccontare la mia storia". Inizia così una delle lettere vergate per l'attrice, scritte con la speranza che possa leggerle e ragionare su ciò che ha detto. A scrivere è un soldato che si è arruolato nel 2005 a 21 anni, che ha fatto l'addestramento a Chieti e che racconta come gli anni precedenti all'arruolamento "spensierati, senza responsabilità, pensieri, problemi, solo perché chiuso nella bolla della scuola, si sono trasformati sin da subito in responsabilità, paure, angosce" all'arrivo in caserma. "Vedere quei militari istruttori in divisa a Chieti mi spaventava, e non nego il fatto che ho anche pensato di lasciare e tornare alla mia vita. Poi mi sono dato degli obiettivi, che con sudore, senso di responsabilità, abnegazione, cameratismo, e rispetto della bandiera italiana (scritto tutto in maiuscolo, ndr), penso di aver raggiunto, anche se la strada è ancora lunga".
Racconta di quante volte ha dovuto salutare la famiglia, i figli, preparare zaini e bauli per partire, "per rispondere Presente quando mi hanno tascato per varie attività partendo dal Kosovo, attraverso il Libano, e in Italia a partire dall'operazione Strade Sicure su Trieste, Firenze, Roma, Civitavecchia". Sostiene, ed è un pensiero condivisibile, che "ogni volta che la mattina avviene l'alzabandiera dovremmo tutti noi ringraziare chi ha dato la propria vita e chi continua a darla per la difesa della Patria". Racconta anche di come il suo senso di appartenenza a questa Patria, alla sua bandiera, sia "aumentato ancora di più (non che prima non ci fosse), quando sfortunatamente ho partecipato ad un picchetto d'onore di un collega rientrato dal teatro afghano in una bara. Vedere quella bara con la bandiera aperta su, la famiglia che piangeva, ti lascia qualcosa dentro che non va via, ma impari a conviverci". Rifiuta, ovviamente, l'etichetta di scansafatiche che gioca alla Play Station e organizza tornei di calcetto, ricordando i vari impieghi dell'Esercito Italiano su alluvioni, terremoti, la Costa Concordia e ogni altro scenario d'emergenza.
"Non giochiamo a carte, i tornei di scopa li lasciamo a chi frequenta i bar. Noi, a differenza di tanti, siamo pronti a tutto, a dare la nostra vita per la vostra libertà, per la libertà dei nostri figli, e quella dei figli dei nostri figli. La storia continua. Concludo dicendo: quando parlate delle forze armate, delle forze dell'ordine, collegate quei 2 neuroni che avete. Sciacquatevi la bocca", conclude il militare.
La lettera di un ex militare
"Cara Luciana Littizzetto, sono un militare in pensione, dopo aver servito questo Paese per circa quarant'anni", scrive un ex soldato che ha dismesso l'uniforme per raggiunti limiti di età ma il suo spirito non si è mai esaurito. Racconta di essersi arruolato nel 1984, di aver lasciato Roma e di aver raggiunto una base aerea nel nord Italia per prendere servizio. "Ho visto la puntata in cui lei mi disprezza, disprezza ciò che sono stato e ciò che ho rappresentato. Nei miei quarant'anni non posso dire di aver mai rischiato la vita, quella vita che lei si è permessa di offendere a chi, ogni giorno, veramente la rischia", si legge nella lettera. "La mia prima esperienza è stata in Valtellina, lei dov'era? Poi è arrivato il Golfo Persico seguito dal conflitto nei Balcani, l'Afghanistan e, sotto l'egida ONU, in Libano. Nei ritagli di tempo sono intervenuto, nel dopo terremoto, in Abruzzo. Poi è arrivata la pandemia e dopo ancora le alluvioni in Emilia e nelle Marche e, grazie all'addestramento vecchio di quarant'anni, ho portato il mio contributo. Lei cosa ha fatto?", prosegue l'ex militare rivolgendosi direttamente a Littizzetto.
Ci tiene a sottolineare che "in ogni luogo in cui sono andato non ho mai usato le armi ma ho portato aiuto e protezione, garantendo quella libertà violentemente rubata. E sinceramente, tutto questo, non mi ha fatto sentire un perdente". Lei, prosegue l'ex militare, "e quelli come lei, non reggono la verità, quella verità che ti fa guardare negli occhi tua moglie, i tuoi figli e dire loro: 'Non ve state a preoccupa'. Andrà tutto bene. Ritornerò presto'. Un militare è anche medico e infermiere, che tiene per mano un suo commilitone ferito mentre lo rassicura: 'Dai che la farai'". Nelle parole di questo soldato italiano si legge il risentimento per essere stato insultato nell'onore da chi non conoscere, e non ha interesse a conoscere, la verità sul lavoro dei soldati. "A differenza sua, noi, non riempiamo teatri né tantomeno facciamo spettacoli. E, spesso, per quello che facciamo, non incassiamo applausi anzi, ci sputano in faccia chiamandoci servi del padrone. Checchè lei possa pensare, noi serviamo, se non altro per eseguire il lavoro sporco", si legge ancora nella lettera, nella quale chi l'ha scritta ci ha tenuto a sottolineare che "il militare non è sinonimo di offesa ma bensì di difesa e lei non deve permettersi di offendere chi indossa un'uniforme, con dignità, onore e amore per il proprio Paese".
La conclusione di questa lettera è cruda, amara, e unisce in un sottile filo rosso l'esperienza di molti soldati, di ogni Paese, che durante il proprio servizio devono necessariamente fare i conti con la morte, anche con la propria. "Auguro a lei e a chi le ha permesso di fare quelle affermazioni di non ritornare mai a casa accompagnando una bara per poi affidarla ad una madre, ad una moglie, ad un figlio. Lei ha il potere dei Media, lo usi pur non condividendo ma avendo un 'silenzioso rispetto'".
La lettera della madre di un soldato
"Cara signora Littizzetto, sono la mamma di un militare italiano rientrato da poco dalla missione UNIFIL in Libano", esordisce una donna che ha voluto dire la sua davanti alle parole poco opportune dell'attrice. Non ha vissuto in prima persona la vita militare, ma è la madre di un ragazzo che ha scelto di indossare quell'uniforme e tutta la rabbia che le hanno suscitato quelle parole emerge nella lettera, in cui sostiene di avere anche "rispetto del suo lavoro, che è quello di fare ridere la gente sdraiata su una scrivania a dire idiozie ed esclamare parolacce ogni due parole". Con grande dignità ed educazione, questa madre, ha spiegato a Littizzetto che i militari che lei ha deriso "sanno portare a termine le missioni di pace fra territori ostili, e sono tutt'altro che fallimenti, ma forse lei è poco documentata". La donna le suggerisce di "usare rispetto prima di sindacare il lavoro degli altri, come a lei rispettano il suo di grande comica".
Certo, prosegue con malcelato sarcasmo, "non è paragonabile il suo grande lavoro nel bel comodo studio televisivo a dire pagliacciate, con quello che svolgono i militari italiani esposti a situazioni rischiose".
Infine, concludendo la sua lettera, la mamma di un soldato, che in questo momento è la mamma di tutti i soldati, suggerisce all'attrice che "prima di buttare fango sull' Esercito Italiano, dovrebbe collegare il suo cervello e riequilibrare e migliorare il suo linguaggio povero di intelligenza ma ricco di parolacce".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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