Vetotene non è il Vangelo, che goduria Meloni e Serra: quindi, oggi…

Quindi, oggi...: la manifestazione degli europeisti, le telefonate di Trump e Zelensky

Vetotene non è il Vangelo, che goduria Meloni e Serra: quindi, oggi…

- Analizziamo con calma la telefonata Trump-Putin. A chi conviene? A entrambi, un po’ meno all’Ucraina. Lo Zar ha portato a casa la riabilitazione della Russia, che torna a parlare con gli Stati Uniti da pari a pari. Il tycoon conquista un primo, flebile, cessate il fuoco selettivo su infrastrutture ed energia. È quello che ci aspettavamo? No, ovviamente. Tuttavia - poco o tanto - resta comunque una svolta seppur non risolutiva. Vi ricordo che la guerra va avanti da tre anni e fino a ieri non esisteva neppure un minimo spiraglio di accordo tra Kiev e Mosca. Il senso della telefonata di ieri, al netto delle flebili concessioni di Putin, è l’apertura della trattativa. Siamo all’inizio, non alla fine. Insomma: in diplomazia ogni apertura negoziale va presa per quello che è. Piuttosto che niente, meglio piuttosto.

- A chi sostiene che la telefonata di ieri non sia “una svolta” vorrei ricordare che erano anni che Usa e Russia non si parlavano seriamente. E che fino a qualche mese fa, Biden puntava a “sconfiggere Mosca” e magari anche a cacciare Putin. Ecco: se non è “una svolta” questa…

- Poi certo: se pensavate che la guerra in Ucraina, dopo tre anni di bombe e devastazione, potesse essere risolta in due orette di telefonate forse avevate delle aspettative un po’ altine. Vi ricordate quando Emmanuel Macron andò a Mosca per cercare di fermare lo Zar? Rimediò una tavolata lunghissima, una brutta figura e nulla di concreto. Magari Putin ha solo allungato le trattative, ma in questa fase è meglio la palla in tribuna, che si può sempre recuperare, anziché il triplice fischio finale che uccide ogni negoziato. No?

- L’unico che potrebbe lamentarsi in questo caso è Zelensky, ovviamente. Il quale potrà anche gioire dello stop ai bombardamenti sulle infrastrutture energetiche, ma forse sperava in un cessate il fuoco vero e proprio. Tuttavia ci viene da ipotizzare che al momento il vero ostacolo alla “pace” siano i territori del Kursk: la Russia si sente forte e difficilmente prima di aver riconquistato tutti i territori invasi dall’Ucraina concederà altre tregue.

- Gianni Rivera ricorda la Partita del secolo e parla della Nazionale di Spalletti: “Con la costruzione dal basso Facchetti invece di lanciare Boninsegna avrebbe passato ad Albertosi”. Sia lode a Rivera. E basta con ‘sti passaggini del cavolo.

- fate attenzione: c'è chi sostiene che la premier avrebbe fatto a brandelli il manifesto di Ventotene sventolato dagli europeisti in piazza. Ma non è vero. Il Manifesto di Ventotene si fa a brandelli da solo. Sia chiaro: non stiamo dicendo che non sia un documento storico importante, scritto peraltro da chi si opponeva al fascismo, né vogliamo sostenere che non abbia qualche spunto sano sull'Europa unita e pacifica. Ma non è il Vangelo. Il problema di chi oggi si indigna per le legittime critiche di Meloni al Manifesto di Ventotene è che i sedicenti europeisti un'idea vera e propria di Europa non ce l'hanno. Oppure è molto confusa, com’era confusa la piazza di Michele Serra. Quindi si aggrappano al Manifesto, senza averlo tuttavia letto a fondo, adorandolo in modo totalmente acritico, come se fosse un totem.

- Leggo sul Corriere un interessantissimo articolo sul perché il Manifesto di Ventotene non andrebbe strapazzato come ha fatto Meloni. Tutto giusto. Ma il fulcro sta nel finale. “Certamente si fa troppa retorica sul Manifesto di Ventotene, che fu solo il primo coraggioso passo di un lungo percorso. Ed è del tutto legittimo criticarne i contenuti in nome di una visione nazionalista, conservatrice o liberista. Ma farne un fantoccio polemico a 84 anni di distanza lascia il tempo trova. Appartiene alla storia e in chiave storica va considerato”. Esatto. Ma lo stesso discorso andrebbe fatto anche a chi lo sventola in piazza. Il problema non è il Manifesto in sé, ma l’uso che ne fanno ancora oggi gli europeisti incapaci di trovare un’altra idea di Europa. Non lo si può considerare acriticamente un documento a cui ancora oggi richiamarsi in toto. Perché è trapassato remoto, al netto dello spunto federale dell’Europa. Perché conserva dei passaggi assolutamente inaccettabili. E perché una cosa è teorizzare l’Europa unita, un’altra è immaginarla socialista. Quell’idea era fuori luogo nel 1950, dopo la nascita della Repubblica, figuriamoci oggi. Ci sarà permesso di non concordare con Spinelli e Rossi, Michele Serra ed Elly Schlein?

- Guardate, l’Unione Europea è una grande intuizione per il periodo in cui è stata fondata. Ma si è trasformata nel peggior incubo, anche di Alcide De Gasperi. Ecco cosa disse a Strasburgo nel 1951 il grande statista italiano: “Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore, rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale. Potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero”.

Qualcuno di voi mi dica: l’Ue di oggi è o non è esattamente come De Gasperi sperava non diventasse mai?

- Comunque, altro che Mario Draghi. Ogni volta che Meloni va in Parlamento, vuoi o non vuoi, ne esce uno show che ci dà un sacco di lavoro. Che goduria.

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