Crimea, dove eravamo rimasti? Da oltre nove anni la penisola del Mar Nero grande come la Sicilia è occupata dai russi, che l'hanno annessa con il referendum del marzo 2014 la cui regolarità non è però riconosciuta da Kiev e da tutto l'Occidente. Lo scoppio della guerra di Ucraina lo scorso 24 febbraio ha aumentato la posta sul tavolo, incrementando le rivendicazioni territoriali di Mosca in Ucraina e facendo passare l'idea di un'«usucapione» della penisola da parte di Vladimir Putin, un po' come si trattasse di un acconto. Ma ieri, in occasione della seconda riunione della piattaforma di Crimea, l'alleanza internazionale mobilitata esattamente un anno fa, il 23 agosto 2021, da Volodymyr Zelensky per rimettere in agenda la questione della Crimea prima che ci pensasse il tuonare delle armi a farlo, tutti i leader dell'Occidente hanno ribadito di ritenere la Crimea ucraina e non russa.
«È necessario - ha detto Zelensky - che la Crimea sia liberata perché si arrivi davvero alla vittoria: tutto è iniziato in Crimea e deve finire in Crimea. La bandiera ucraina sventolerà di nuovo in tutti i territori occupati». Tutti gli altri si sono uniti al coro. Prima fra tutti la commissaria europea Ursula von der Leyen che ha promesso: «L'Ue non riconoscerà mai l'annessione illegale della Crimea da parte della Russia. Il nostro desiderio di vedere l'Ucraina un membro dell'Ue non è mai stato così forte». A lei si uniscono il cancelliere tedesco Olaf Scholz («La comunità internazionale non accetterà mai l'annessione imperialista illegale della Russia del vostro territorio») e il premier uscente italiano Mario Draghi («Siamo profondamente preoccupati per il peggioramento della situazione dei diritti umani nella penisola»). Ma anche la Gran Bretagna, con l'altro premier a scadenza Boris Johnson, promette «supporto militare, umanitario, economico e diplomatico fino a quando la Russia non ritirerà le sue forze dal Paese». Per gli Stati Uniti (che secondo Bllomberg oggi potrebbero annunciare un nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina da 3 miliardi di dollari) parla il segretario di Stato Anthony Blinken: «La Crimea è Ucraina. Era la nostra posizione nel 2014, e rimane la stessa nel 2022». Si unisce Justin Trudeau, premier canadese: «L'invasione di Putin dell'Ucraina è iniziata nel 2014 con l'annessione e occupazione illegale della Crimea». Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, è cupo: «L'inverno sta arrivando e sarà duro». E perfino il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan batte un colpo: «La restituzione della Crimea all'Ucraina, di cui è una parte inseparabile, è essenzialmente un requisito del diritto internazionale».
Tutti però sanno benissimo che passare dalle parole ai fatti sarà difficile. Anche perché, come fa notare Andrey Kortunov, direttore generale del Russian International Affairs Council, «è difficile immaginare che la leadership russa possa prendere in considerazione la ritirata dalla Crimea perché ciò rappresenterebbe una sconfitta strategica per il presidente Putin e i suoi sodali.
Penso che se ci fosse una reale preoccupazione che l'Ucraina possa riconquistare la Crimea, la Russia prenderebbe in considerazione una sorta di escalation». Quanto al capo del governo filorusso della Crimea, Serghei Aksyonov, la faccenda è semplice: tutti i partecipanti alla Piattaforma di Crimea sono «terroristi o loro complici».
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