«Posti nel governo? In aula stiamo stretti...»

Luciano Sardelli, lo stratega del rimpasto.
«Ma se abbiamo fatto un documento per fare un passo indietro».
Solo dopo il passo avanti in Aula: avete fatto mancare sei voti al governo sul Def.
«Il caso a volte funziona meglio delle strategie più intelligenti, che ci posso fare: ci dobbiamo affidare al disordine del mondo».
Assenti per caso, anzi, per fortuna.
«Pippo Gianni presentava le liste in Sicilia, Pisacane è candidato sindaco, la Siliquini mi pare si occupi ormai d’altro... Resta Pionati».
Pionati scalpita, parliamone.
«Ma che vuole che le parli di Pionati, sono i giornalisti che parlano di me di solito, non io di loro».
Ahi, questa è cattiva.
«Uno di peso e di valore come Pionati, politico e giornalista, è ingombrante qui fuori, meglio se entra al governo».
È in competizione con la Siliquini per un posto da sottosegretario.
«La Siliquini? Una così combattiva, con le sue competenze e la sua esperienza può puntare ad altri incarichi».
Tipo?
«Non dovevamo aumentare la percentuale di donne nei consigli di amministrazione? Iniziamo da lei».
Sì, peccato che prima abbia dovuto rinunciare alle Poste e che ora le abbiano preferito Masi alla presidenza Consap.
«Eh, lo so, le hanno preferito un vecchio e glorioso arnese dello Stato... Sa, per le donne è difficile».
Con certi uomini soprattutto.
«Lei ci sopravvaluta».
Ah, questo è sicuro...
«No, dico: lo sa lei che dopo quattro mesi ancora non ci hanno dato gli spazi, e stiamo in trenta stretti stretti in tre stanzette?».
Come mai?
«Eh, siamo come l’agrimensore di Kafka, che combatteva contro il castello della burocrazia».
Vi boicottano.
«Ogni volta l’amministrazione pone problemi grotteschi: prima l’accordo dei gruppi, poi il mandato ai questori, poi i questori che...».
Vabbè, quindi?
«Ho inviato a Fini una lettera col Castello di Kafka».
E lui?
«Se leggesse Kafka non si sarebbe trasformato come il protagonista della Metamorfosi, no?».
Fini lo scarafaggio, andiamo bene.
«Ma noi lo ringraziamo ogni giorno: non saremmo qui se non fosse stato per lui e Bocchino».
Comunque se state così stretti è bene che qualcuno vada al governo, no?
«Eh, ma l’agrimensore quando sta per vincere contro il potere e la burocrazia, rinuncia».
Si addormenta.
«Fossimo capaci di tutta questa strategia come dice lei saremmo già un partito vero».
Invece siete un’accozzaglia di ambiziosi.
«Siamo lo specchio della politica, che ormai è contrattazione continua, con il ruolo del leader ridotto a uno sforzo assoluto di mediazione. Guardi Bersani: ogni giorno deve ascoltarne venti sperando che non parli il ventunesimo. Anche il Pdl sarà così quando, fra cent’anni, non ci sarà più Berlusconi a fare la sintesi».
Sintesi difficile in questi giorni...
«Che poi, Bossi: crede che se cade il governo ne uscirà bene? La barca è la stessa, se affonda uno trascina giù l’altro».
Nel mezzo c’è Tremonti.
«Dicono che sa tenere i conti. Che conti farebbe senza i consensi di Berlusconi? E comunque la Lega è una forza regionale, che senza la leadership nazionale di Berlusconi resta fuori dall’area di governo».
Messaggio chiaro.
«Non c’è alternativa al governo. Infatti ho chiesto un incontro fra Reguzzoni e Cicchitto».
Sardelli il mediatore.


«E abbiamo presentato una mozione che limiti al 31 luglio l’ingaggio dell’Italia in Libia e che escluda, fin da ora, l’invio di truppe di terra».
Una «exit strategy» per la maggioranza.
«Ritirarsi mai, l’ha visto? È un bel film: i marines salvano la terra dagli extraterrestri...».

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