Il potente "Boris Godunov" è un'opera fuori dai canoni

La Prima della Scala nelle parole di Musorgskij: "Voglio esplorare la natura dell'uomo e delle masse"

Il potente "Boris Godunov" è un'opera fuori dai canoni

Perché Boris Godunov, l'opera di Modest Musorgskij che inaugura mercoledì prossimo la stagione della Scala, è la più originale e amata fra le opere russe ed è diventata un capolavoro indiscusso della storia del teatro in musica?

Perché Musorgskij realizzò al grado massimo qualcosa che nel teatro in musica era solo timidamente apparso: restituì fedelmente in musica «l'espressione sonora del pensiero e dei sentimenti umani attraverso la parola ordinaria . Se questa restituzione è qualche cosa di musicale e di artistico, allora l'affare è riuscito», così Musorgskij scriveva (fine luglio 1868) all'amico Nicolaj Rimskij-Korsakov con cui condivideva alloggio e ideali artistici, entrambi membri del Potente Gruppetto, i quattro compositori autodidatti (Musorgskij, Rimskij, Borodin e Cui) raccolti intorno all'unico professionista Milij Balakirev.

Prima di portare in teatro le vicende dello zar Boris, affondate nel sanguinoso Periodo dei Torbidi, l'interregno fra la morte del figlio di Ivan il Terribile e l'avvento dei Romanov (1598-1613), materia storica mediata dalla scrittura fascinatrice dell'omonima tragedia di Puskin e delle cronache di Nicolaj Karamzin, Musorgskij abbozzò un esperimento di musica drammatica basato sulla commedia di Nicolaj Gogol, Il Matrimonio. «Se è vero che solamente la recitazione, la giustezza dell'intonazione, possono far trionfare la lingua di Gogol, ebbene, io voglio porre il mio sigillo come conviene su Gogol, vale a dire parlare musicalmente come l'esigono i personaggi di Gogol. Ecco perché sono in procinto di valicare il Rubicone con il Matrimonio. È la prosa stessa della vita messa in musica: non è il disprezzo dei musicisti poeti verso il parlare semplice degli uomini, spogliato dei suoi orpelli eroici; è il rispetto dovuto alla lingua degli esseri umani, una restituzione della semplice lingua umana».

Musorgskij sentì che la sua missione era uno sforzo paragonabile a guardare «l'ignoto attraverso le tenebre scorgendo un punto luminoso» corrispondente «a una rinuncia totale delle vecchie sempre vive tradizioni dell'opera». Per questo concepì nella prima versione del 1869 - quella che (forse) ascolterà il distratto pubblico della prima scaligera - un'opera fuori dai canoni, senza un personaggio femminile importante, senza duetti d'amore. Sette scene incatenate senza soluzione di continuità, chiuse da una sconvolgente scena di rivolta popolare nella foresta presso Kromy. Una scena in cui il popolo, cioè il coro, è l'assoluto protagonista: «Quando dormo, lo vedo; quando mangio, penso a lui; quando bevo, la sua immagine mi appare,» come Musorgskij scriveva al grande pittore Ilya Repin, quello che lo ritrarrà come un cosacco ubriaco pochi giorni prima della morte: «Lui solo è vero, grande, privo di trucco come di travestimento. Che ricchezza veramente terrificante offre la parlata popolare alla caratterizzazione musicale, fino a quando le ferrovie non avranno interamente arato tutta la Russia! Che miniera inesauribile è la vita del popolo russo per chi vuole scoprire il reale!»

Per questo Musorgskij verrà iconizzato nell'era comunista sovietica come cantore del proletariato, immagine così lontana dallo spirito nazionalista e populista dell'autore, figlio illegittimo di un proprietario terriero aristocratico e di una sua serva.

La missione di Musorgskij era strettamente legata alle sue convinzioni filosofiche, espresse al suo mentore massimo, il critico ed erudito Vladimir Stassov. Teorie rafforzate dalla lettura del «colosso del regno insulare», Charles Darwin, il cui libro La discendenza dell'uomo e la selezione sessuale, venne tradotto in russo nel 1871. Dopo la lettura Musorgskij scriveva a Stassov che: «Darwin mi ha fermamente confortato nel mio sogno più caro, al quale sono legato con un attaccamento un po' ottuso. La rappresentazione della sola bellezza (nella sua accezione materiale) è cosa infantile; è lo stadio infantile dell'arte. Lo studio dei tratti più sottili della natura umana, come quello delle masse, l'esplorazione ostinata e la conquista di territori poco conosciuti ecco la missione attuale dell'artista». Questo lo mise in aperto contrasto con quelli che chiamava gli «adoratori del bello», soprattutto con Cjakovskij e seguaci, portandolo a cercare i propri ideali nelle opere dei pittori e dagli scultori.

«Fino a quando l'artista musicista non avrà rinunciato ai suoi pannolini, alle sue bretelle, alle sue pantofole, saremo dominati dai curati del sinfonismo che diffondono il loro

talmud come l'alfa e l'omega dell'arte. Il loro spirito limitato sa bene che il loro talmud non si può applicare ad un'arte realmente viva; là dove ci sono uomini, vita, non c'è spazio per le loro idee e per i loro versucci».

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