Presa una banda specializzata in furti d’opere d’arte Tra i capolavori ritrovati il quadro di un caravaggesco

Il più prezioso è un grande dipinto raffigurante San Lorenzo in preghiera attribuito a Cecco del Caravaggio, uno dei primi seguaci del Merisi. Ci sono poi altri tredici quadri fra i quali spiccano una scena di guerra sul Mare del Cavalier Tempesta (pseudonimo di P. Mulier il Giovane), alcuni quadri bucolici attribuiti a P. P. Roos, detto Rosa da Tivoli, e di autore anonimo tele con fiori, nature morte, ritratti del ’600, ’700 e ’800. Recuperati anche orologi e monili russi d’inizio Novecento, ceramiche antiche, bronzi (falsi), e tre pistole pronte all’uso. Il tutto per un valore stimato di due milioni di euro. Solo il dipinto di Cecco del Caravaggio potrebbe valere un milione. Ma proprio questo ghiotto boccone ha tradito la banda. «Avevano sparso la voce - ricorda il comandante del reparto operativo dei Carabinieri della Tutela Raffaele Mancino - che sul mercato romano c’era in vendita l’opera di un caravaggesco, allora conoscendo l’ambiente siamo entrati in azione».
E così i malviventi, specializzati nel furto di oggetti d’arte in case isolate ma abitate normalmente, sono stati bloccati mentre stavano per entrare nella villa di un facoltoso imprenditore romano sulla Salaria, verso Monterotondo. Già avevano messo a segno altri cinque furti negli ultimi mesi, di cui tre a Roma.
Sono state denunciate per furto e ricettazione dieci persone. Oltre le cinque arrestate, fra queste la mente della banda e le braccia operative, ci sono infatti collaboratori e fiancheggiatori. La banda che operava nel Lazio, in Umbria e in Toscana, aveva un’organizzazione capillare. Prima di ogni azione venivano fatti dei sopralluoghi sul posto, curando tutti i dettagli ed entrando in azione, chiavi in mano, solo quando c’era la certezza che nessuno fosse in casa. Ogni membro aveva la propria specializzazione, a cominciare dal capo, soprannominato «il chiavaro», tanto famoso nel duplicare le chiavi che a lui si rivolgevano anche altri malintenzionati. Una decina i coinvolti, tutti romani dai 45 ai 55 anni, provenienti dalla Prenestina, Casilina e Prima Porta. Vecchie conoscenze delle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio, persone pericolose.
«Le indagini - riferisce il comandante - sono cominciate otto mesi fa e si riferiscono a cinque furti, tre dei quali avvenuti a Roma, uno a Casole d’Elsa in provincia di Siena nella villa di un grosso imprenditore Del settore tessile che lavora in Toscana e in Lombardia e l’altro in una casa di Assisi dove sono scomparsi molti gioielli. E qui la presenza di due basisti conosciuti in cella dal chiavaro è stata fondamentale». Ad Assisi l’imbeccata è venuta da una persona che ora gestisce un ristorante, a Casole da un insospettabile che si occupa di ristrutturazioni edilizie.


«Ma l’inchiesta continua e si è allargata alle regioni del Sud, Campania, Puglia, Basilicata - prosegue il comandante -. Stiamo lavorando a sette-otto furti nella capitale dove sono state rubate tele importanti usando le chiavi».

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