Intanto, la «location» tristissima - perché priva dei segnali sanguigni che segnalano la presenza di una vis politica, qualunque essa sia,- non faceva che esaltare inutilmente la così decantata sobrietà dei tecnici; offrendoci, e offrendo al mondo, un’immagine dell’Italia non certo all’altezza del settimo posto che occupa quale potenza economica mondiale.
Sembrava, dunque, di essere in una scuola, dove tutte le classi, a detta dei professori, si erano comportate malissimo e, pertanto, per non rovinare ulteriormente l’immagine dell’istituto, il preside aveva convocato non i soliti maestri, bensì i loro supplenti-professori, e gli alunni, senza diritto di parola, per imporre un certo numero di inevitabili e dovuti diktat didattici. Un preside sui generis , col vestito serio, ma che, alternativamente, sembrava spogliarsi e rivestirsi, dapprima con la tonaca e poi con il loden. Mostrando faccine un po’ da Torquemada e un po’ da don Abbondio. Pronunciando parole a volte rassicuranti - crescita, riduzione del debito, equità- a volte roboanti- sacrificio, default, responsabilità - tutte con grande flemma e assoluta identica tonalità. Con un viso quasi sempre immobile, salvo appunto le faccine e qualche sorriso di grande autostima nel riferirsi alle straordinarie soluzioni dei problemi finalmente da lui congegnate.
Insomma, un narciso. Molto sobrio, ma narciso. Così unico, da essere capace di sacrificarsi per primo rinunciando allo stipendio. Così apparentemente e opportunamente umile e generoso da incoraggiare la ministra in lacrime con un categorico: «Commuoviti, ma correggimi». Senza mai modificare la gradazione della sua voce.
Così abile, da ammannire un pistolotto preparatorio agli studenti «indisciplinati»;una sorta di preanestesia prima del sanguinario intervento al fegato proprio a quelli chehanno pagato sempre la retta alla scuola. Risparmiando invece ogni accenno a quegli studenti che, fingendosi poveri, frequentano la scuola, mangiano alla mensa, ma disertano le lezioni, le convocazioni del preside e non pagano mai.
Così suggestivamente paternalista, il nostro preside, da evocare persino il futuro dei bambini, in quell’atmosfera rarefatta prescelta per annunciare le grandi manovre; e, addirittura, poco prima di fare accasciare al suolo gli aspiranti pensionati, ormai stanchi di aspettare il meritato riposo.
Così accorto, l’imperturbabile preside, da impartire una lezione di morale e di educazione,nell’atto di richiamare tutti gli studenti cioè noi poveri cittadini che lavoriamo e siamo dissanguati dalle tasse- al sacrificio e alla responsabilità, ma soprattutto all’accettazione delle affascinanti misure bulgare imposte.
Così ingiusto, però, e questo un narciso non lo perdonerà mai a chi lo definisce tale, da coinvolgere noi studenti paganti nella colpa dell’enorme debito che ha la scuola: ma gli scolari, pur pagando, hanno mai amministrato una scuola? Che colpa abbiamo noi se tutti i soldi che abbiamo versato nelle casse dello Stato-scuola sono stati sperperati in clientelismi e tangenti? Che colpa abbiamo noi dell’allegra baldoria che, col nostro denaro, hanno fatto per anni gli economi e i gestori?
No, no, professor Monti, non è stato bello: Lei è sobrio, ha stile, responsabilità, ma la predica agli scolari diligenti se la poteva evitare; e così l’obbligo loro imposto di pagare ancora una quota della retta e di fare un surplus di compiti a casa.
Lei, in diciassette giorni, avrebbe dovuto farci sognare: disfarsi del loden e della tonaca, nonché della toga professionale, per indossare il mantello di Zorro, cavalcare le praterie dell’evasione e dell’assistenzialismo, e davvero colpire, con la spada che le hanno regalato, i cialtroni, i furbetti, i ladri e gli approfittatori.
Noi, che meritiamo il 10 in condotta, in cambio, le avremmo regalato un indicedi gradimento persino più alto di quello riservato a Fiorello.
E Lei avrebbe finalmente sorriso. Col cuore.
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