Meno pensioni, spesa sotto controllo

Nel primo trimestre 2025 calano del 23% annuo le pensioni anticipate. Il contenimento è l’effetto delle regole più selettive: servono per frenare una spesa che tra 15 anni potrebbe toccare il 17% del Pil

Meno pensioni, spesa sotto controllo
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Prosegue il calo delle pensioni anticipate, segnale chiaro dell’efficacia delle misure adottate per frenare la spesa. Secondo l’ultimo monitoraggio Inps sui flussi di pensionamento, nel primo trimestre 2025 le pensioni anticipate sono state 54.094, in calo del 23,1% rispetto allo stesso periodo del 2024 (quando erano 70.334).
Tra i dipendenti del settore privato le uscite anticipate si sono fermate a 26.683 (-19,43), mentre tra i dipendenti pubblici si è registrato un crollo ancora più netto: 8.014 nuove pensioni, in calo del 33,9%.

Il rallentamento delle uscite non è un incidente, ma una strategia. Nei primi tre mesi del 2025 l’Inps ha liquidato 194.582 nuove pensioni, in calo rispetto agli anni scorsi. È il risultato di un’impostazione prudente che mira a contenere una spesa previdenziale che, secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, potrebbe impennarsi fino al 17% del Pil entro il 2040, se non si interviene ora.

Il governo ha scelto di non ampliare le maglie dei prepensionamenti, confermando anche nel 2025 le regole più rigide già introdotte lo scorso anno. Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale sono state sì prorogate, ma in versione limitata. In tutto, potranno accedere alla flessibilità appena 25.000 lavoratori, un numero che consente di governare con cautela la pressione sulla finanza pubblica.

Gli assegni medi restano in leggera crescita: 1.237 euro al mese nel primo trimestre contro i 1.229 euro del 2024. L’aumento riguarda in particolare gli uomini, che percepiscono mediamente 1.486 euro, mentre per le donne si scende a 1.011 euro. Il divario riflette le differenze contributive e retributive pregresse, non un difetto del sistema. Vale la pena ricordare che gli assegni più bassi sono integralmente protetti dall’inflazione grazie alla perequazione, un meccanismo che restituisce potere d’acquisto pieno a chi ha redditi più contenuti.

Tra le varie gestioni previdenziali si confermano le differenze storiche: i dipendenti pubblici registrano assegni medi da 2.172 euro, i privati da 1.432, mentre per autonomi e parasubordinati la media scende a 879 euro e 320 euro rispettivamente. Ma anche qui si deve tener conto della diversa storia contributiva: chi ha avuto carriere più frammentate non può aspettarsi assegni elevati, e la sostenibilità del sistema richiede proprio di adeguare le prestazioni ai contributi versati.

Con un sistema che resta tra i più generosi d’Europa — e ancora segnato da ampi segmenti retributivi, soprattutto per chi è andato in pensione prima della riforma — il contenimento attuale è non solo comprensibile, ma necessario. E il governo, in questo, sta facendo la cosa giusta.

Il rallentamento delle uscite pensionistiche non è un incidente, ma una strategia. Nei primi tre mesi del 2025 l’Inps ha liquidato 194.582 nuove pensioni, in calo rispetto agli anni scorsi. È il risultato di un’impostazione prudente che mira a contenere una spesa previdenziale che, secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, potrebbe impennarsi fino al 17% del Pil entro il 2040, se non si interviene ora.

Il governo ha scelto di non ampliare le maglie dei prepensionamenti, confermando anche nel 2025 le regole più rigide già introdotte lo scorso anno. Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale sono state sì prorogate, ma in versione limitata. In tutto, potranno accedere alla flessibilità appena 25.000 lavoratori, un numero che consente di governare con cautela la pressione sulla finanza pubblica.

Gli assegni medi restano in leggera crescita: 1.237 euro al mese nel primo trimestre contro i 1.229 euro del 2024. L’aumento riguarda in particolare gli uomini, che percepiscono mediamente 1.486 euro, mentre per le donne si scende a 1.011 euro. Il divario riflette le differenze contributive e retributive pregresse, non un difetto del sistema. Vale la pena ricordare che gli assegni più bassi sono integralmente protetti dall’inflazione grazie alla perequazione, un meccanismo che restituisce potere d’acquisto pieno a chi ha redditi più contenuti.

Tra le varie gestioni previdenziali si confermano le differenze storiche: i dipendenti pubblici registrano assegni medi da 2.172 euro, i privati da 1.432, mentre per autonomi e parasubordinati la media scende a 879 euro e 320 euro rispettivamente. Ma anche qui si deve tener conto della diversa storia contributiva: chi ha avuto carriere più frammentate non può aspettarsi assegni elevati, e la sostenibilità del sistema richiede proprio di adeguare le prestazioni ai contributi versati.

Con un sistema che resta tra i più generosi d’Europa — e ancora segnato da ampi segmenti

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