Prodi insiste: dialogo con Damasco

Il premier minimizza: con Chirac divergenze «di metodo non di sostanza» sul Libano

nostro inviato a Lucca
Alla vigilia del summit italo-francese, Romano Prodi getta un occhio sul copione e tenta di innescarvi battute buoniste: «Non ci saranno testate al petto», assicura. Rimarcando poi come con Jacques Chirac i rapporti siano più che buoni e come le divaricazioni siano «di metodo e non di sostanza».
Sarà pure così ed è comunque da escludere che nel tourbillon dei faccia a faccia - oltre al presidente francese e al premier italiano colloquieranno a latere ben 8 ministri per parte - ci sia il rischio di testate assassine alla Zidane. Ma è un fatto che, al di là dei convenevoli e dell’etichetta diplomatica, il vertice toscano non appare tra i più semplici. In primo piano resta il Libano e la differente valutazione sulla crisi che agita il Paese dopo gli annunci bellicosi di Hezbollah e l’assassinio di Pierre Gemayel. Chirac vede la Siria di Assad come il mandante non troppo nascosto della destabilizzazione del governo Siniora. Prodi invece veste i panni del «dialogante» con Damasco. Anche ieri, in una intervista a Le Figaro, il presidente del Consiglio, fatto presente di avere la stessa identica posizione della Francia nei confronti di Damasco dopo l’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, contesta di fatto la posizione di Parigi: «Non parlare con la Siria non è una soluzione. Bisogna metterli di fronte alle loro responsabilità, fare pressioni su di loro». Differenze tecniche, di metodo, insomma, perché sulla sostanza - dice Prodi - la pensiamo allo stesso modo. Ma a Parigi storcono non poco la bocca. Perché ricordano perfettamente il Prodi di qualche mese fa, quando fece sapere a mezzo mondo di aver trovato una intesa proprio coi siriani per mandare là dei doganieri italiani per prevenire un possibile traffico d’armi con Hezbollah. Accordo che Parigi bocciò senza esitazioni e che da Roma si dette per saltato anche per via di una interpretazione dell’agenzia francese che li voleva armati, cosa che a Damasco negarono con decisione.
E non è il solo nodo, quello libanese, che giunge al pettine in quel di Lucca. Anche sulla possibile fusione Air France-Alitalia il terreno è scottante. A un Eliseo che fa sapere che al summit sarà dedicato un corposo capitolo all’ipotesi di accordo, Prodi replica nella sua intervista al quotidiano parigino facendo sapere di esser stato sempre favorevole a quel tipo di intesa ma «di avere oggi molti dubbi». Vuol sapere, il presidente del Consiglio, se si marcia verso un progetto di compagnia europea o piuttosto verso il tentativo francese di fare della nostra compagnia di bandiera un sol boccone, impadronendosi di un mercato, quello italiano, «che è grande e ricco». E ancora, davanti alle pressioni d’Oltralpe per attivare la Torino-Lione, ecco il presidente del Consiglio che si limita ad auspicare di poter dare una risposta entro il prossimo 1° settembre, data limite per Bruxelles alla concessione dei finanziamenti, visto che la condizione resta quella di ottenere «un metodo condiviso» e cioè il sì di governo, popolazioni e amministrazioni locali.


Saranno solo tattiche, ma le diversità di punti di vista non paiono di poco conto, come resta sullo sfondo - insoluto - il problema delle campagne acquisti nei due Paesi, già in lite su energia e banche. Anche se, ad addolcire parzialmente il quadro, già si annuncia la stipula di accordi (minori) in tema di Difesa, Trasporti ed Energia.

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