Prodi provoca: «La manifestazione? Solo insulti»

Roberto Scafuri

da Roma

Enfatizzare la manifestazione dell’Udc e la conseguente spaccatura dell’opposizione. Il giorno dopo, l’Unione reagisce al Berlusconi day di piazza San Giovanni provando a imporre le sue contro-deduzioni. «Di solito chi tenta la spallata si rompe la spalla», ironizza il segretario ds Piero Fassino. «Una manifestazione populista e aggressiva», la definisce il leader rifondatore, Franco Giordano, che invita invece a «non sottovalutare» quella dell’Udc. Le «due opposizioni» vengono ritenute un effetto importante scaturito dalle manifestazioni dell’altroieri, dal sottosegretario Enrico Letta. Un «boomerang» per la Cdl, secondo il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio.
Di fronte ai titoloni dei giornali e al successo mediatico dell’iniziativa del centrodestra, il premier Romano Prodi a Bologna fa spallucce, pronto a utilizzare ironia, malizia e sussiego in dosi uguali. Dare ascolto all’opposizione scesa massicciamente in piazza? «Veramente io ho sentito solo esprimere insulti. Programmi non ce n’erano - risponde Prodi ai cronisti - Ma come ho già dichiarato, il governo tiene conto degli interessi di tutti gli italiani, fossero in piazza o no. La Finanziaria va assolutamente avanti - ha confermato in serata il premier a SkyTg24 - non si torna indietro. L’esame di tutti gli effetti è stato accurato. Il totale fa una diminuzione delle tasse, anche grazie alle buone entrate fiscali degli ultimi tre mesi». Quanto al «Prodi vada via» invocato da Berlusconi, il premier replica: «Lo decidono gli elettori».
Ma gli stessi alleati e collaboratori del premier non ne sono così convinti, se Letta chiede, «appena finito il percorso della Finanziaria, un patto sulla produttività». Patto che per il vicepremier Massimo D’Alema diventa «nuovo patto tra le forze sociali, condizione necessaria per affrontare le nuove sfide del Paese». Alla linea prodiana dell’«attuazione del programma» (caldeggiata da Rifondazione) e a quella della «fase due», proposta da Fassino e Rutelli, ora Letta e D’Alema sembrano così sollecitare comunque una «ripartenza» dell’attività di governo. Sulla manifestazione del centrodestra e le critiche alla Finanziaria, D’Alema è particolarmente sarcastico: «A volte si sbaglia per eccesso di bontà - è il suo rammarico - noi avremmo dovuto dare al Paese una rappresentazione più drammatica dello stato in cui il centrodestra ha lasciato il Paese, ma per senso di responsabilità e per non inasprire i contrasti con l’opposizione non l’abbiamo fatto... Questo governo si presenta come riformista: quella di un governo prigioniero delle sue componenti più radicali è un’immagine letteraria. Sulle scelte fondamentali la sinistra radicale ha dimostrato un senso di responsabilità notevole... Abbiamo deciso di non spalmare la manovra in diversi anni, una cosa che forse la sinistra radicale avrebbe voluto, magari ottenendo anche il plauso della destra populista, ma non è passato...».
Una difesa del governo che D’Alema ha collegato a un discorso più vasto, tenuto ieri al Workshop della sua fondazione Italianieuropei. Il ministro degli Esteri ha ricordato che il «sistema pubblico italiano vive di ristrettezze» e rievocato i nodi del passaggio tra gli anni Ottanta e Novanta, nei quali «ha avuto fortuna la teoria che il nostro fosse un Paese dall’economia reale forte oppressa da una politica invadente e spendacciona». Il successo di tale teoria è stato «straordinario: i partiti sono scomparsi, l’economia ha occupato la politica e Berlusconi, il più ricco imprenditore del Paese, è diventato il capo della politica. Il risultato è stato disastroso». Rilevando che Berlusconi non ha mai usato nel comizio «né la parola Europa né globalizzazione», D’Alema arriva a dedurne che Berlusconi «è il portato di un progetto-Paese che incoraggia gli anti-valori, un progetto che potrebbe tornare a scaldare il cuore come fa il fuoco di paglia, ma solo per poco».


Poco dopo la mezzanotte si è conclusa la «cabina di regia» della maggioranza sulla manovra. L’aliquota al 20% sugli affitti prende nuovamente corpo. Secondo il relatore alla Finanziaria Gianfranco Morgando «troveremo una formula risolutiva o metteremo la misura in delega».

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