Professori in rivolta contro Facebook "Basta web-insulti degli studenti"

Si moltiplicano i casi dei giovani che su Internet diffamano gli insegnanti. E le scuole reagiscono in tutta Italia con sospensioni e sette in condotta

Professori in rivolta contro Facebook 
"Basta web-insulti degli studenti"

La lettera è di due genitori (entrambi docenti): «Nostro figlio frequenta un noto liceo statale di Milano. Accade questo: negli ultimi mesi alcuni studenti hanno aperto su Facebook il gruppo "Chi vuole spaccare la testa a... " rivolto a un loro compagno. Inoltre una ragazza ha discusso, rendendole pubbliche, delle condizioni di salute di una docente dell’istituto; un altro studente ha insultato un’insegnante con un grave handicap fisico, e gli insulti si riferivano proprio al suo handicap».
Ci troviamo di fronte alla segnalazione di un papà e di una mamma esageratamente allarmati dalle bravate dei nuovi bulli dei social network? L’impressione è che questo delle offese via web sia un fenomeno molto più ampio e preoccupante di quanto si possa immaginare.
Per rendersene pienamente conto basta proseguire la lettura della missiva: «Sempre su Facebook lo scorso ottobre è comparso il gruppo "Addio prof. X", contenente un coacervo di insulti rivolti al docente a opera di uno studente successivamente premiato con un bell’otto in condotta agli scrutini del primo quadrimestre».
«Nel Pof, il Piano dell’offerta formativa del liceo - sottolinea la coppia di insegnanti - c’è scritta la parola "rispetto", mentre sui giornali leggiamo della stretta gelminiana sulla condotta. Perché, allora, non vengono presi provvedimenti disciplinari adeguati? Come possiamo aiutare la scuola a educare al rispetto e a essere rispettata?».
Sono - questi ultimi - due interrogativi basilari da girare subito ai vertici della Pubblica istruzione, considerato che il ministro Gelmini, sin dal primo momento del suo insediamento in viale Trastevere, ha puntato su parole-chiave come «severità» e «disciplina». Ma oggi, nell’era della Rete, il voto di condotta non può più essere definibile solo all’interno dello stretto perimetro dell’edificio scolastico; al di là della vecchia aula, esiste infatti un’«aula» ben più moderna che, in tempo reale, si accende dallo schermo dei nostri pc: è qui, su questa tecno-lavagna, che oggi gli studenti possono oggi consumare le loro piccole-grandi vendette.
Linciaggi virtuali che aumentano di giorno in giorno; così come aumenta la rabbia dei docenti vittime della moderna gogna on line. Ne sa qualcosa la professoressa di matematica di un liceo artistico di Padova che si è ritrovata su Facebook in versione pornostar. Cosa avevano escogitato quattro suoi studenti? Prima l’hanno fotografata in classe con il cellulare e poi - con una sapiente opera di photoshop - hanno ritoccato il corpo aggiungendo una buona dose di dettagli a luci rosse. Realizzato il «ritocco», l’immagine è finita sul web e lì sarebbe rimasta chissà fino a quando se i genitori degli «artisti» non avessero scoperto il «sexy capolavoro» realizzato dai propri figli. I quattro ragazzi sono stati sospesi e, forse, perderanno l’anno.
«In base al principio dell’autonomia scolastica - spiegano dal ministero della Pubblica istruzione - i Consigli di classe possono adottare severi provvedimenti disciplinari nei confronti degli alunni che su Internet diffamano i propri professori». E in questo caso il meccanismo può diventare automatico: sospensione, sette in condotta, bocciatura. Esattamente ciò che ora rischiano i quattro web-bulli del liceo artistico padovano.
Ma la casistica, in tema di intemperanze studentesche via web, è particolarmente ampia, tanto da essere assurta a moda del momento. C’è il ripetente napoletano che, navigando in rete, giura di voler «uccidere» il prof «bastardo» che l’ha bocciato; c’è lo studente che sul blog promette di «stuprare» la figlia di quella «stronza» della prof di inglese; c’è Miko’ 84 che, su un forum, spiega in dettaglio come farà saltare in aria l’auto del preside, amichevolmente definito «pezzo di merda».
Per chi ha l’ardire di non nascondersi dietro l’impunità di un nickname, le sanzioni sono in agguato. Un allievo di un liceo scientifico di Cagliari, ad esempio, è stato sospeso per sei giorni dopo avere scritto frasi ingiuriose sul web contro un suo professore. Il giovane aveva creato un gruppo su Facebook dedicato al professore e, insieme a nove suoi compagni di classe, si divertiva a mettere alla berlina l’insegnante.
Ma casi di questo tipo possono avere anche strascichi giudiziari. Succede quando si decide di denunciare per diffamazione gli autori della «bravata». Su questo fronte, però, gli esiti sono quasi sempre nulli. Insomma, prevale il buonismo. E non mancano i paradossi, magari con il querelante che esce dalla causa «cornuto e mazziato».
Una storia emblematica? Un insegnante milanese di inglese denuncia per diffamazione su Facebook due studenti, già precedentemente sospesi dalla scuola.

Volete sapere com’è finita? La Procura dei minori ha archiviato il caso rimproverando al professore di «aver sempre negato la possibilità di un confronto chiarificatore ai ragazzi». Quegli stessi ragazzi che, sul social network più cliccato al mondo, lo avevano definito «frocio» e «figlio di puttana».
Più «confronto chiarificatore» di così...

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