Paolo Armaroli
È proprio vero: Romano Prodi una ne fa e cento ne pensa. Gli esordi del suo governo non sono stati propriamente esaltanti. Il decreto legge che ha scomposto i ministeri ha provocato una tale confusione e tali conflitti di competenze che andrà riveduto e corretto da cima a fondo. I ministri litigano tra loro di continuo. Come nelle comiche finali, volano le torte in faccia. E le loro esternazioni a ruota libera stanno facendo più danni della grandine. Diciamocela tutta: stiamo assistendo a un bis della felliniana prova dorchestra. Ma, come Facta, il presidente del Consiglio nutre fiducia. Certo, riconosce che «ci sono ancora delle contraddizioni». Ma, aggiunge, «stiamo lavorando per accordare gli strumenti».
Non sapendo più a che santo votarsi, Prodi ha avuto unalzata dingegno. Ha riunito in conclave i ministri a San Martino in Campo, sperduta località in provincia di Perugia, e non ha trovato di meglio che organizzare una bella seduta spiritica. A differenza di Paganini, bontà sua ha così concesso il bis. E chi ha evocato? Ma è chiaro: lo spirito della Costituzione. E precisamente larticolo 95, che recita: «Il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene lunità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando lattività dei ministri». Come a dire, se ci sei batti un colpo. Ora, che lo spirito della Costituzione batta davvero un colpo è per lo meno dubbio. Perché alla forza del diritto si contrappone il diritto della forza. E siccome Prodi ha meno divisioni di quelle del Papa, senza peraltro averne lautorità, è probabile che la disposizione costituzionale richiamata finisca per abbaiare alla luna.
Né a Prodi può arridere miglior fortuna invocando la legge sullordinamento della presidenza del Consiglio. La legge 23 agosto 1988 n. 400 allarticolo 5 stabilisce tra laltro che il presidente del Consiglio, ai sensi dellarticolo 95, primo comma, della Costituzione «concorda con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi intendano rendere ogni qualvolta, eccedendo la normale responsabilità ministeriale, possano impegnare la politica generale del governo». Di buone intenzioni, si sa, è lastricata la via dellinferno. È arcinoto che questo aureo precetto non è mai stato rispettato a puntino. E, vedrete, non verrà rispettato stavolta a più forte ragione. Perché la coalizione di centrosinistra è più variopinta del vestito dArlecchino ed è inevitabile che la tanto magnificata squadra ministeriale continuerà a procedere come unallegra combriccola in preda ai fumi dellalcol.
Ma la colpa di tutto ciò non si deve tanto alla smania di protagonismo dei singoli ministri, quanto piuttosto allevanescente programma dellUnione. Dove cè tutto e il contrario di tutto, è pieno di vuoto e il trionfo dellovvio. A tal punto che possiamo leggervi la seguente banalità: «Lo sport fa bene alla salute». Non lo diciamo noi. No, lo afferma papale papale Lucia Annunziata, non sospettabile di essere antipatizzante dellUnione. «Più che protagonismo, ingenuità o vanità (come si è detto e scritto) la loquacità di queste prime ore sembra esprimere una consapevole lotta per lo spazio da guadagnare a idee diverse». E ancora: «Quello che sta succedendo appare in realtà come lo squadernamento pubblico delle molte mediazioni fatte per scrivere il programma, e la voglia di forzarne i limiti». Proprio così. La vasta ed eterogenea coalizione certo non aiuta. Tantè che un uomo senza peli sulla lingua come DAlema una volta disse che il centrosinistra è formato da un mezzo partito, il suo, e da undici virus. Ma il difetto sta nel manico. Il programma di governo assomiglia al Trattato di Uccialli, stipulato il 2 maggio 1889 dallItalia con il negus Menelik.
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