Parma LItalia lo ricorda imprendibile «capo dei capi», erede del feroce Totò Riina, col suo sorriso freddo anche in mezzo alle forze dellordine che lo portano via in manette dal suo covo casalingo, a Corleone. Ed è inconsueto che un boss di rango del suo calibro faccia un gesto così estremo. Eppure, a tentare il suicidio, nel carcere di Parma dove è rinchiuso, è stato Bernardo Provenzano, sì, proprio il capo dei capi di Cosa nostra, Binnu u tratturi, luomo che ha beffato la legge per 43 anni prima di finire in manette, l11 aprile del 2006.
La notizia del tentato suicidio nella cella in cui sta scontando gli ergastoli in regime di 41 bis è stata data ieri sera dallagenzia Ansa, che parla di «fonti qualificate». Provenzano avrebbe tentato di ammazzarsi infilando la testa dentro un sacchetto di plastica. A salvarlo, durante uno dei frequenti controlli legati al regime di carcere duro cui è sottoposto, gli agenti della polizia penitenziaria. Il fatto è avvenuto nella tarda serata di mercoledì. Provenzano, che era a letto, ha infilato la testa in una busta di plastica con il proposito di uccidersi. Un poliziotto penitenziario del Gom (Gruppo Operativo Mobile), si è accorto di quanto stava accadendo ed è intervenuto. Del fatto sono state informati lautorità giudiziaria e il Dap.
Non sono poche le anomalie. Intanto cè da chiarire come mai avesse un sacchetto di plastica a disposizione. E poi un boss mafioso, per di più del calibro di Provenzano, non si suicida. Potrebbe essersi trattato di un gesto dimostrativo. O di un gesto compiuto in stato di non piena coscienza.
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