Tutto il rosa della politica locale. A macchia di leopardo. Se si escludono i casi di Bologna, Pavia, Ravenna, Genova e Cremona, sulle dita di una mano, in Italia le donne non riescono ancora ad essere protagoniste. La cosa pubblica, alla vigilia della tornata di amministrative del 6-7 giugno, si declina troppo al maschile ed è ben lontana dall'affermazione compiuta delle pari opportunità. Sono i risultati dell'indagine diffusa da Anci «Barbablù - che ne hai fatto delle tue donne», realizzata dall'Osservatorio donne nella Pa e promossa da «futuro@lfemminile» e Forum Pa, che ha interessato Regioni e Comuni capoluogo di provincia.
Andria (con un tasso del 3,91%), Benevento (4,76%), Foggia (5,18%), Crotone (7,81%) e Catanzaro (8,10%) i sono Comuni in cui le donne rappresentano nel migliore dei casi appena l'8% della composizione di consiglio, giunta e apparato dirigenziale. Tra le Regioni il primato negativo spetta a Basilicata, Sicilia, Calabria, Veneto e Molise, con una percentuale media di componente femminile di poco al di sopra del 14%.
Percorrendo una rapida panoramica dell'Italia si nota che solo 3 tra le 15 città metropolitane hanno un sindaco donna. A Genova Marta Vincenzi (Pd), a Milano Letizia Moratti (Pdl) e a Napoli Rosa Russo Iervolino (Pd) restano alfieri di una battaglia che pare contro i mulini a vento. Poco frequenti anche gli assessorati guidati da donne: 40 su 209 nei municipi. Per quanto riguarda le Regioni, su 258 assessori solo 43 sono donne e se i dirigenti sono 443, solo 87 appartengono all'«altra metà» del cielo.
Non ci sono, tuttavia, solo amministrazioni che si distinguono per dati negativi.
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