La "purga" delle lettere nella Francia nazificata

Uwe Wittstock racconta il dramma degli scrittori austriaci e tedeschi dopo l'occupazione del Paese

La "purga" delle lettere nella Francia nazificata

Un'indimenticabile scena del film di culto Casablanca (1942) di Michael Curtiz, si svolge alla stazione di Parigi. L'americano Rick (Humphrey Bogart) aspetta la norvegese Ilsa (Ingrid Bergman). Piove a dirotto. La donna non arriva. Il treno, preso letteralmente d'assalto da passeggeri carichi di bagagli, affannati e preoccupati, parte senza di lei. Rick non potrebbe aspettarla e prenderne un altro? Non può. I tedeschi stanno per arrivare. La sconfitta con la Germania nel 1940 si abbatte sulla Francia come la folgore su di un albero. Dopo l'invasione della Polonia nel settembre 1939, i francesi entrano in guerra. In giro c'è poca voglia di battersi. Terribilmente umiliante è il periodo di attesa. La guerra c'è ma non arriva. Si instaura un clima grottesco. Denominato drôle de guerre: otto mesi di attesa. Poi si aprono le ostilità, il 10 giugno 1940. Brevissime quanto disastrose: 90mila morti e 2 milioni di prigionieri. I tedeschi hanno invaso inaspettatamente l'Olanda, il Belgio e il Lussemburgo. In pochi giorni la Francia è praticamente sconfitta. A terra. Umiliata. Drammatica l'evacuazione di Parigi, con la città in preda al panico. Tutti vorrebbero partire. Una fuga di massa, in auto, camion, carretti, biciclette. La Francia si trasforma in un gigantesco campo profughi. La «grande fuga» è determinata dal terrore suscitato dai tedeschi: brutali e violenti, barbari e massacratori della civiltà, come erano stati dipinti nel corso del primo conflitto mondiale. Da quando Hitler è salito al potere nel 1933, in Francia sono riparati centinaia di esuli tedeschi e, dopo l'annessione dell'Austria nel 1938, austriaci. Ebrei e oppositori del nazionalsocialismo.

Numerosissimi sono gli uomini di lettere. L'imprevedibile sconfitta toglie loro ogni residuo di sicurezza: ora devono nuovamente fuggire. La disgraziata avventura è raccontata in maniera avvincente e documentata dal critico letterario Uwe Wittstock in 1940. Il grande esodo della letteratura in fuga da Hitler (Marsilio, pagg. 336, euro 20). Fra i tanti protagonisti di questo doloroso racconto c'è il celebre scrittore ebreo-tedesco Lion Feuchtwanger, figlio di un industriale, nato nel 1884 a Monaco. Il 23 agosto del 1933 in Germania gli hanno ritirato la cittadinanza, riducendolo ad apolide. Feuchtwanger si stabilisce prima in Svizzera, ricongiungendosi con la moglie. Successivamente in Francia. Ullstein, il suo editore tedesco, fa sparire dal mercato tutte le sue opere, e i libri di Feuchtwanger vengono pubblicamente gettati nei roghi. Goebbels piazza il volto dello scrittore fra gli esempi deteriori della corrotta, decadente e giudaica «Weimar delle lettere». È solo un buffonesco giullare di corte. Al grande raduno della cultura antifascista, tenutosi a Parigi nell'estate 1935, partecipa anche Feuchtwanger. Si è avvicinato ai comunisti francesi. Nel 1937 visita l'Unione Sovietica. Al ritorno pubblica un resoconto, uscito in varie lingue. Lo scrittore prima della partenza si definisce un «simpatizzante dubbioso». Ha letto l'amara riflessione di André Gide, il più importante scrittore francese, uscita due anni prima. Partito con grande entusiasmo, al rientro Gide ha cambiato parere. Il pamphlet gli è costato l'ostilità e il disprezzo dei comunisti. Sembrano passati anni luce da quando nel 1935, insieme ad André Malraux, Gide presiedeva il «congresso della cultura in difesa della libertà», salutando con il pugno chiuso. Ora è solo un ingombrante sacco della spazzatura. Feuchtwanger è uno dei tanti «pellegrini politici» approdati nel «paese dei soviet». A Mosca avverte un'aria diversa rispetto a quella che si respira nella falsa democrazia occidentale. Assiste ai processi contro il gruppo trotzkista. Parlandone direttamente con Stalin ha compreso l'odio di Lev Trotzkij per il capo del comunismo, e conferma il suo convincimento sui crimini commessi dagli imputati e sulla genuinità delle confessioni.

Scoppiata la guerra, Feuchtwanger viene internato in un campo di prigionia per stranieri a Aix-en-Provence. I malcapitati, per raggiungere la destinazione vengono caricati su camion e vagoni ferroviari. Durante il tragitto spesso sono insultati e additati come nemici e spie dei tedeschi. Fra di loro ci sono i repubblicani spagnoli sconfitti da Franco. Oltre a cittadini di Paesi neutrali o alleati dei francesi. C'è l'ungherese Arthur Koestler, il tedesco Willy Münzenberg, l'italiano Leo Valiani: oppositori del fascismo. Nella Francia repubblicana si era scatenata la psicosi della «quinta colonna», rappresentata dagli «stranieri indesiderabili». Feuchtwanger è più fortunato di tanti altri. Essendo benestante arriva nel luogo di detenzione in taxi. I gendarmi gli sequestrano il danaro. Lo guardano con sospetto, nonostante in più occasioni i nazionalsocialisti lo abbiano definito il loro principale nemico. Quei soldi gli arrivano da Stalin o da Hitler, nel 1940 alleati? Racconterà la triste vicenda in Der Teufel in Frankreich (Il Diavolo in Francia), amaro sfogo sulla scarsa tolleranza francese per i rifugiati politici. L'imminente arrivo dei tedeschi costringe Feuchtwanger ad emigrare di nuovo. Fortunosamente raggiunge prima la Spagna e poi il Portogallo. Da lì si imbarca per gli Stati Uniti. Sbarca a New York il 5 ottobre 1940 (morirà a Los Angeles nel 1958). È un lieto finale.

Lo sarà anche per la filosofa Hanna Arendt e per lo scrittore Heinrich Mann, fratello di Thomas. Ad altri componenti della comunità intellettuale di lingua tedesca sarà riservato un epilogo drammaticamente diverso. Münzenberg, dopo il rilascio, viene trovato morto. Si sospetta il suicidio. In realtà la mano di Stalin lo ha raggiunto. A conoscenza di troppi segreti, è meglio farlo tacere per sempre. A togliersi la vita è Walter Benjamin. Non riesce a oltrepassare il confine.

Totalmente demoralizzato, decide di farla finita. Storia cupa, oscura, perturbante, feroce. L'ideologia razziale inseguiva, braccava e, laddove vi riusciva, divorava l'anima della migliore cultura europea. Storia da non dimenticare.

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