Quando le atlete mamma fanno la rivolta

La sindacalista Rizzitelli: "Ci vogliono professioniste, ma col pancione ci cacciano. La legge non ci tutela". Ceccarelli: "Idem mi ha spronato"

Quando le atlete mamma 
fanno la rivolta

«Quando nel 2003 ho vinto il premio Marisa Bellisario, quell'anno dedicato allo sport, ho pensato che ce l'avremmo fatta a costruire le regole per uno sport moderno. Dopo 5 anni invece siamo ancora allo stesso punto. Solo su una cosa siamo andate avanti: abbiamo più atlete che hanno il coraggio di parlare e più giornalisti che hanno voglia di ascoltarle. E non è poco per crederci ancora».

Luisa Rizzitelli giocava a pallavolo, nello sport non ha sfondato, ma come sindacalista è una numero uno. Ha creato Assist, associazione non profit che aiuta le atlete discriminate. Perché questo è ciò che avviene. L’ha sottolineato anche Josefa Idem, la campionessa di canoa, nell’intervista di ieri sul Giornale. Sono infatti sempre di più le atlete e sono tante quelle che decidono di continuare ad esserlo dopo la maternità. E qui cominciano i problemi. «Tutto parte dal fatto che in Italia non c'è una legge che tuteli gli sportivi, considerati a tutti gli effetti dei dilettanti. Sono solo sei le discipline riconosciute come professionistiche: calcio, basket, ciclismo su strada, boxe, golf e motociclismo, ma attenzione: si parla solo di uomini e questa è l'apoteosi della discriminazione».

La Rizzitelli è fiduciosa, ed esulta pensando all'articolo 29 dei principi fondamentali degli statuti delle federazioni, documento varato dalla giunta Coni nel febbraio 2007. Si intitola Tutela sportiva delle atlete in maternità, in pratica chiede alle federazioni di garantire la posizione sportiva delle atlete per tutto il periodo della gravidanza e fino al rientro all'attività, mantenendo loro il posto in squadra e facendo congelare i meriti (punteggi) acquisiti. «La prima federazione che ha sottoscritto lo statuto - spiega - è stata quella della scherma, nobilitata dalle mamme Vezzali e Trillini, poi lo hanno fatto anche tennis tavolo e caccia, mentre le altre latitano. Simona Gioli, una delle più forti giocatrici di volley del mondo, si è vista rescindere il contratto quando è rimasta incinta.

Le società chiedono alle atlete di fare le professioniste e pretendono molto, ma quando si tratta di aiutare chi ha bisogno non tutte si comportano in modo corretto. Insomma, manca la legge, c’è confusione, speriamo che il governo continui a lavorare su questo».

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