da Milano
Allapparenza la frattura è profonda. E in prospettiva appare destinata a segnare uno spartiacque nella storia della finanza italiana. Perché mai Mediobanca e Pirelli si sono trovati su fronti opposti. Anzi: luna non sarebbe tale senza laltra. La fondazione di Piazzetta Cuccia è del 1946. Il primo prestito degli uomini di Enrico Cuccia allazienda di pneumatici è del 1947. E quando leminenza grigia dellex via Filodrammatici decise di cambiare volto al suo istituto (da banca di credito industriale a banca di investimento e holding di partecipazioni) la prima quota che acquistò, nel 1958, fu l1,5% della Pirelli & C (la cosidetta Pirellina). Nel primo patto di sindacato che Cuccia, sempre nel 1958, creò per consolidare la presa sullistituto, entrò una sola dinastia industriale: i Pirelli, appunto.
Quanto a Leopoldo Pirelli, negli anni 60 fu il primo industriale a entrare nel cda dellistituto, parecchi anni prima dello stesso Giovanni Agnelli. Da allora in poi i rapporti tra limprenditore scomparso di recente e il numero uno di Mediobanca furono sempre strettissimi. «Dio vuole ciò che Cuccia vuole», è la frase che gli veniva attribuita. La Pirelli appoggiò con forza la privatizzazione di Mediobanca voluta da Cuccia. Il finanziere siciliano sostenne limpresa nei suoi momenti difficili. Dopo la scalata fallita alla tedesca Continental. Ma anche a metà degli anni 70, quando i Pirelli si scoprirono a corto di soldi e sotto la minaccia di una scalata.
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